Succede oggi. Al Giro, ad Auronzo, alle 21.30. A Vincenzo Nibali sarà attribuita la cittadinanza onoraria. Un atto meraviglioso e un grazie eterno per un ricordo indelebile. La vittoria, da solo per distacco, in maglia rosa ma imbiancata, nella tappa delle Tre Cime di Lavaredo di dieci anni fa, proprio il 25 maggio. Pioveva, nevicava. Faceva freddo, tirava vento. Una di quelle giornate in cui i corridori – tutti, dal primo all’ultimo, anzi, dall’ultimo al primo - si guadagnano ammirazione, stima, gloria. Perfino letteratura. Per accorciare l’agonia – lo diceva Marco Pantani a Gianni Mura – i corridori stringono i denti e cercano di andare più forte, non salgono su ammiraglie e pullman per avvicinarsi al traguardo.
Non è, questa di Nibali ad Auronzo, la prima cittadinanza onoraria per un corridore. Gino Bartali ha ricevuto quella dell’intero Israele, Francesco Moser quelle di Cave e Pizzo Calabro, Beppe Saronni quella di Buscate, solo per citarne alcuni. Il record delle cittadinanze onorarie, almeno per un italiano del ciclismo, spetta ad Alfredo Martini. Imola, Pegognana, Peccioli, Cortona, Arezzo, Montecatini Terme, Serravalle Pistoiese, Camaiore, Calenzano, Castagneto Carducci, Larciano, Barberino di Mugello e Utsunomiya in Giappone. Forse altre. Merito dei suoi successi da corridore, direttore sportivo, soprattutto commissario tecnico, e sempre da ambasciatore del ciclismo e missionario della bicicletta. Tanto da collezionare altri titoli e onori, come la pista ciclabile a Sesto Fiorentino.
Ricordo la celebrazione a Montecatini Terme nel 2010: come accadeva sempre, nel momento in cui Alfredo si avvicinava al microfono, il tempo si arrestò, la platea ammutolì, l’atmosfera si fece solenne e la cerimonia profonda. Le sue parole, semplici, misurate, taglienti, incidevano le anime di amici e appassionati, perfino dei politici e degli amministratori. Alfredo aveva il dono di farci sentire tutti più buoni nel cuore, più degni di stare al mondo e più orgogliosi di appartenere alla razza umana. Insomma, una cittadinanza umana.
I corridori, da Martini a Nibali, ma anche da Carrea a Fornaciari, da Carollo a Bruseghin, hanno già la cittadinanza onoraria, ufficiosa e sentimentale, silenziosa e romantica, di tutte le strade cavalcate e percorse. Quelle strade che per qualche ora vengono chiuse al traffico di bielle e marmitte, al catarro dei camion e delle auto, e spalancate al frullio di ginocchia e caviglie, allo sfarfallio di maglie e telai. Quelle strade che si illuminano di onorevole ciclismo.
E forse sarebbe il caso che sindaci, giunte e consigli comunali dessero finalmente la cittadinanza anche alla bicicletta, a tutte le biciclette. Biciclette libere di girare in sicurezza, in spensieratezza, in leggerezza, come è nella loro indole. Una cittadinanza non solo onoraria, ma stradale.
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