Va bene, chiudiamola con le polemiche sulla tappa orrendamente seviziata di Crans Montana. I puristi, rima con ottimisti, chiedono di farla finita con le chiacchiere e di passare ai temi veri della corsa. C'è pur sempre una gara da osservare, dicono indignati.
Giusto, finiamola con le risse e passiamo di nuovo al Giro. A Cassano Magnago grandissimi i cacciatori di tappa, ma là dietro, là in alto, si arriva al punto estremo di uno squadrone (Ineos) e di un campione (Thomas) che cedono amabilmente la maglia rosa, come uno straccio per pavimenti, senza darle alcun peso e alcun valore. Solo calcolino strategico. Piccolo dono ad Armirail, cosa sarà mai. Paradossale: non si corre più a chi conquista la maglia rosa, si gioca a perderla.
Due settimane esatte, cosa possiamo dire di questo Giro? Cosa ci resta in mano? La tocco piano: forse è meglio tornare alle risse. Da un punto di vista dello spettacolo, parlando di giochi d'alta classifica, siamo a terra. A memoria d'uomo – la mia – non ricordo tanti Giri così miseri dopo due terzi di lavoro. Non sono Pico della Mirandola, magari sono lo smemorato di Collegno, ma fin qui io ricordo solo due tappe di montagna colpevolmente abolite dai corridori (a Campo Imperatore gita sociale, a Crans Montana inutile ripeterci). Quanto alla battaglia per la maglia rosa, trovo scritti sul taccuino solo due scatti: uno, bello sostanzioso, di Roglic a Fossombrone, l'altro di Caruso – lodevole solo per le intenzioni – salendo a Crans Montana. Fine, non c'è altro. Certo, restano le crono di Evenepoel, ma quelle se le è portate il vento.
Nessuno lo nega, ci sono anche valide attenuanti. Il gruppo è un mezzo cronicario, tra Covid e costipazioni da maltempo. Qualcuno aggiunge in chiave tecnica che pesi l'assenza del vero favorito, l'Evenepoel di cui sopra, ma su questo vale anche il contrario: quando se ne va il numero uno solitamente gli altri ne approfittano per prendersi a legnate, invece qui tutto il contrario, hanno preso la palla al balzo per mettersi seduti.
Bilancio: dopo due settimane, è un Giro stabilmente in modalità stand-by. Attesa, continua attesa. Domani, facciamo tutto domani. E oggi? Oggi pensiamo a domani. Ci prepariamo a domani. Anonimato assoluto.
E dire che senza Evenepoel la situazione di classifica dei big si presenterebbe perfetta: Thomas rosa, a 2'' Roglic, a 22'' Almeida. Basterebbe un niente, tutti i giorni, per continui ribaltoni. Invece pare proprio che questa classifica piaccia tremendamente e faccia comodo all'intera compagnia. Domani, domani la scaravoltiamo. E oggi? Oggi braccino perchè c'è domani.
I big sono talmente pigri e insonnoliti che ti viene il sospetto ascoltino anche loro Petacchi. Come minimo, serve un avviso. Amici dell'alta classifica, è vero che piove sempre, ma da qualche parte e in qualche modo bisognerà pur cominciare. Lo stand-by è durato anche troppo. Non possiamo morire di vecchiaia aspettando un attacco vero. Da qui a Roma, sarà molto difficile dire che bisogna risparmiare energie in vista della terza settimana: la terza settimana è qui, non c'è più verso di rinviare. Premete questi benedetti interruttori e provate a inventarvi qualcosa, a tentare qualcosa, a spendere qualcosa. Vorremmo divertirci, ogni tanto, se non è chiedere troppo. Questo Giro 2023 ha già collezionato sufficienti motivi per passare alla storia come fiacco, povero, isterico. Proviamo ad aggiungere almeno un tocco di bellezza, nel Paese dell'”Open to meraviglia”. Qui la meraviglia ci assale solo davanti a un prodigio che ritenevamo tutti impossibile: due settimane senza battere il chiodo. Dobbiamo darci una svegliata. Questo è pur sempre il Giro d'Italia, anche se non sembra.