Parigi-Roubaix vuol dire Mapei. Nel corso della sua storia il team ciclistico Mapei ha ottenuto 5 successi nell’arco di sei anni nella più prestigiosa delle classiche in linea. “Inferno del nord”, “infernale classica delle pietre”, “pavè di gloria”, “Roubaix, inferno e paradiso”, “corridori come angeli dalla faccia sporca” e chi più ne ha più ne metta: tra le corse in linea è anche quella che ha stimolato maggiormente la letteratura ciclistica. Per Andrea Tafi, classe ’66, la Mapei ha rappresentato qualcosa di più di un team ciclistico. Tafi s’impose a Roubaix nel ’99 in sella a bici Colnago. “Ho corso nove anni per la Mapei – dichiara Tafi - e mi ritengo fortunato: il dottor Giorgio Squinzi e la dottoressa Adriana Spazzoli hanno creato una squadra a loro immagine e somiglianza. Noi eravamo una famiglia grazie alla Mapei. Lo stesso stile e spirito delle loro prestigiose aziende l’hanno trasmesso alla squadra, stimolandoci a ottenere risultati importanti e a compiere gesti atletici che rimarranno nella storia del ciclismo”.
Sui sentieri della Roubaix gli Squinzi boys si esaltavano: “Serve vocazione per emergere in una gara così: il corridore non deve avere paura del pavè bensì è il pavè che deve averla del corridore. Bisogna sviluppare velocità e potenza, altrimenti rimani lì, non vai avanti. I sentieri con le pietre vanno affrontati con la massima velocità. Se riesci contemporaneamente a sviluppare potenza, rabbia e forza fai la differenza; le tre componenti separate una dall’altra servono a nulla”. Comunque la prima vittoria nella Roubaix alla Mapei la regalò Franco Ballerini nel 1995. Vinse per distacco e la terza posizione di Johan Museeuw completò il trionfo per il team di Squinzi. Ballerini al successo nella classica era andato vicino già nel ’93 (era alla MG-GB) arrivando secondo, e nel ’94 (Mapei), terzo.
Andrea Tafi fu determinante nel ’96, l’edizione della prima tripletta Mapei. Al velodromo di Roubaix arrivarono insieme tre fuggitivi con maglia a cubetti: primo Museeuw, secondo Gianluca Bortolami, terzo Tafi, mentre Ballerini conquistò la quinta posizione. “Per la squadra fu la Roubaix più bella – sostiene Tafi – anche se inizialmente ero comprensibilmente amareggiato per il terzo gradino del podio: uno spera sempre di vincere”.
Nel ’96 l’azione decisiva è nata grazie a Tafi. “A 30 chilometri dall’arrivo ho avvertito ottime sensazioni, accelerando e avvantaggiandomi. Quando ero solo al comando il ds Patrick Lefevere mi ha affiancato con l’ammiraglia dicendomi di rilassarmi e attendere Museeuw e Bortolami che sopraggiungevano. Ho obbedito, mi sono fatto raggiungere, e poi è diventata una fantastica cronosquadre. Ci davamo il cambio regolarmente nel fare l’andatura però ognuno di noi sperava di vincere e mentre pigiavamo sui pedali ci parlavamo”.
In quella Roubaix di cui s’è parlato a lungo anche per la telefonata di patron Squinzi ai tecnici sull’ammiraglia prevalse la logica della classifica di Coppa del Mondo. “Museeuw si era imposto nella Coppa 1995, era in quel momento l’uomo Mapei meglio piazzato in quella del ’96. Io e Gianluca l’abbiamo privilegiato inizialmente malvolentieri, poi ci siamo convinti che è stato giusto così. Johan ha vinto la Coppa del Mondo ’96 portando altro grande prestigio in Casa Mapei”.
E veniamo alla Roubaix 1998: vinse Ballerini per distacco, Tafi secondo e l’eccellente Wilfried Peeters terzo. Secondo successo personale del “Ballero”, seconda tripletta del team a cubetti, terza Roubaix vinta dalla squadra. “Quell’anno – assicura “gladiatore” Tafi – io potevo dare di più. Atleticamente alla vigilia mi sentivo forte almeno quanto Franco, che però quel giorno seppe dare il 110 %. Ballerini ha attaccato e alle sue spalle io, Peeters e gli altri ci siamo trasformati in stopper. Solo nel finale io e poi Wilfried abbiamo accelerato unicamente per conquistare i piazzamenti del podio. Peccato per Museeuw che cadendo nel tratto di Arenberg si fratturò il ginocchio sinistro”.
Tafi nella vittoriosa Paris-Roubaix ’99 aveva il numero 17. A dispetto di chi sostiene che 17 non è numero vincente. “Mancavano 43 chilometri all’arrivo - prosegue a ruota libera - e su asfalto ho acquisito 10, 20, 30 metri e poi il vantaggio è salito sopra al minuto. Sono stati 43 chilometri unici, un mix di emozioni immense, con tutta quella gente che mi incitava, e di paure poiché in una corsa così un incidente o imprevisto può cambiare completamente lo scenario: da principe in un sogno ti ritrovi a inseguire gli altri”. Andrea ha maledetto le “streghe” che tentavano di rovinargli la festa.
“Tra asfalto e pavè stavo volando però ho sentito il pneumatico posteriore che si afflosciava. Ho controllato se alle mie spalle c’era l’ammiraglia Mapei, ma non mi aveva ancora raggiunto per via dei tratti stretti e tortuosi in cui superare i gruppetti era impossibile. Il mio sangue non si è ghiacciato: fermandomi ho alzato la testa scorgendo un tifoso con berrettino a cubetti Mapei che mi ha passato una ruota posteriore. Grazie al “samaritano” ho immediatamente sostituito la ruota, sono risalito in sella e con rabbia e vigore ho ripreso a pedalare. Per la foratura il mio vantaggio si era ridotto a 40 secondi. Approfittando dei tratti di pavè il margine l’ho moltiplicato grazie a rabbia e voglia di realizzare il mio sogno, riportandolo sui due minuti. Il tratto “carrefour de l’arbre” l’ho fatto diventare mio sentiero della gloria”.
Anche perché all’arrivo un’altra Gloria lo attendeva: sua moglie. “Non vedevo l’ora di arrivare nel velodromo di Roubaix. Più che pensare alla passerella sulla pista con alzata di braccia, avevo appunto voglia di abbracciare la mia Gloria e nostro figlio Tommaso presenti nel velodromo. La mia è stata la vittoria dell’istinto e della volontà”.
Ed è stato altresì l’ennesimo trionfo “triplettato” Mapei: nel finale Wilfried Peeters, liberato tatticamente dal tecnico Lefevere, si è avvantaggiato dal gruppo dei principali inseguitori conquistando la seconda posizione, mentre Tom Steels, il velocista della squadra, si è imposto nello sprint per la terza piazza. Sul podio i cubetti Mapei scintillavano. Terzo nel ’96, secondo alla Roubaix ’98, primo nel ’99. Andrea è l’unico presente sul podio in tutte le tre triplette Mapei.
Orgoglioso? “Sì. È un ulteriore motivo per ritenermi uomo che incarnava al massimo lo spirito di squadra e azienda. La Roubaix è la corsa in cui i principi morali e strategici della Mapei si sono massificati di più”. Nel 2000 la Mapei ha vinto la sua quinta Roubaix con Museeuw, però Tafi non fu brillantissimo. “Da vincitore dell’edizione precedente mi fecero partire col numero 1, avevo tutti i riflettori addosso tuttavia senza l’identica concentrazione dell’anno prima. In corsa sono andato bene fino a un certo punto, poi mi sono perso. La mia è stata una Roubaix anomala. Sono contento per il trionfo di Johan: è arrivato solo al velodromo e anziché le braccia ha varcato l’arrivo con la gamba sinistra sollevata per dimostrare che la caduta nella Roubaix di due anni prima non lo aveva annientato, anche se recuperare piena efficienza dell’arto era stato laborioso”.
L’edizione 2001 fu l’ultima gara della carriera da corridore per Ballerini, che a fine manifestazione percorse il giro d’onore con lo slogan “merci Roubaix” sulla maglietta. “Una passerella – aggiunge Tafi – che Franco strameritò. Personalmente mi associo allo slogan, merci Roubaix”. Va sottolineato che Tafi è l’unico italiano presente nell’albo d’oro di Giro delle Fiandre (lo vinse nel 2002) e Roubaix.