Fece scalpore la sua squalifica a tre anni inflittagli nel 2021. Fece il giro del mondo e fu motivo di discussione. Per la maggior parte fu un provvediamento troppo leggero, adesso pesante è la notizia del suicidio di Marc Bracke, il belga manager del Team Doltcini, squadra di ciclismo femminile, che non ha retto alla vergogna, al peso di un'accusa infamante. «L’Unione Ciclistica Internazionale riconobbe infatti, dopo otto mesi di istruttoria - scrive Marco Bonarrigo sul Corriere della Sera -, le molestie sessuali avanzate dall’allora 50enne Bracke, padre-padrone del team, nei confronti di atlete e aspiranti tali dopo la denuncia avanzata da numerose cicliste, tra cui la francese Marion Sicot e l’americana Sara Youmans.
Bracke — la cui squalifica sarebbe scaduta nel 2024 — si è tolto la vita mercoledì nella sua casa nelle Fiandre».
A denunciare le molestie era stata Marion Sicot, sia alla giustizia sportiva che quella penale, ma il tribunale ordinario aveva archiviato il caso e lui sporto querela per diffamazione nei confronti dell’atleta. «Sicot, a suo dire destabilizzata e depressa - scrive sempre Bonarrigo - dopo la vicenda fece ricorso al doping e venne squalificata per quattro anni. Youmans, come altre atlete, aveva dichiarato e provato, conservando i messaggi telefonici, che Bracke chiedeva regolarmente di inviare foto in bikini alle ragazze potenzialmente interessate a entrare nel team per, a suo dire, “verificare che fossero in buona forma fisica”».
La Federazione internazionale sospese per tre anni il manager in base al Regolamento Etico, e questa storia aprì la strada ad altre denunce e a un maggior controllo sull’etica nelle squadre femminili.
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