A Capo Nord la strada finisce. “Il cemento rantola poco a poco e le pietre prendono il sopravvento. La scogliera, scura a picco sul mare di nessuno, si staglia possente su un azzurro infinito mentre mi avvicino al globo in ferro accompagnata da sperdute raffiche di vento. Sono davvero arrivata fin quassù in bicicletta con una tenda come casa e il mondo per compagno di viaggio”.
A Capo Nord la strada non finisce. “Tutti ascoltiamo il nulla”, “Do un ultimo sguardo a nord, e verso le poche tende piantate sul ventre accogliente di una terra che non ha altro da offrire se non il suo respiro”, “Provo a chiudere gli occhi, e non pensare a oggi come alla fine di un’avventura meravigliosa, ma, forse, al suo inizio”.
Finisce o non finisce la strada a Capo Nord? Finisce la strada che punta a nord. Ma da lì si torna a sud, si gira a est, si curva a ovest, e si va, si prosegue, si esplora, chi fino a perdersi per ritrovarsi. E si pedala. Come ha fatto Franz (Francesca Zambon) in “La strada non finisce a Capo Nord” (Ediciclo, 272 pagine, 19 euro).
Da Lisbona a Capo Nord in bicicletta. Non una gara, non una sfida, ma una ricerca, una prova. Lei, vicentina, “anarco-ecologista-femminista-socialista-nomade-ciclista”, con l’unico intento di pedalare, di “scardinare i paralleli” e “mangiare la carta geografica”, consapevole di non voler compiere un’impresa o stabilire un primato, ma aperta a incontrare altri viaggiatori a pedali e pronta ad ammirare altri pedalatori in viaggio.
Bella la vita. Anche, soprattutto quello che finisce o ricomincia a Capo Nord. Più caso che caos. Più salite che discese. Più all’aperto che al chiuso. Più al vento che in scia. Più nella natura che nel cemento. Più facile di quello che avrebbe pensato, immaginato, supposto. In beata solitudine. “Grazie alla lampada appesa al filo centrale della tenda, illuminata dalla luce ormai fioca, annotavo pensieri sciolti su pagine di carta fredda”.
Il prologo è da Monaco (di Baviera) a Lisbona in treno. Poi il viaggio, fra cronaca e racconto, visioni e incontri, scoperta e conoscenza. Portogallo, Spagna, sui Pirenei, Francia, Belgio, Germania, Danimarca, Svezia e Norvegia. “You are my hero”, le ha detto un uomo svedese commosso quando Franz gli descrisse la sua pedalata europea. “Rimasi per qualche secondo immobile, sorpresa, ma anche perplessa per quel complimento inaspettato. Forse da piccola sognavo di poter diventare un eroe”. Non si è montata la testa. Però “mi sentii felice di aver ispirato qualcuno, facendogli immaginare un mondo diverso solo perché a cavallo della mia bici percorrevo strade nuove e sconosciute”.
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