L’apparenza inganna dalle parti dello stadio Olimpico, dove regna la pace, nonostante il cielo minacci pioggia. Il cielo color pastello di Roma è un dolce ricordo, in questa estate che sta evaporando lentamente.
L’apparenza inganna, perché nonostante attorno allo stadio olimpico regni la pace, nelle stanze federali l’atmosfera è pesante. Da giorni il presidente Cordiano Dagnoni - dal febbraio 2021 a capo della Federciclismo - è in mezzo alla tempesta per i 106.000 euro di provvigioni che dovevano essere liquidati a una società irlandese per pagare alcune mediazioni. A côté c’è anche la questione legata a Norma Gimondi, vice-presidente dimissionaria, figlia di cotanto padre, che sarebbe stata aggredita verbalmente da un consigliere federale e starebbe valutando di adire le vie legali per quanto accaduto e di cui – oltre al caso provvigioni – si sta occupando da giorni “La Gazzetta dello Sport”.
Per la cronaca la vicenda parte il 4 agosto scorso: ai consiglieri federali viene inviato per approvazione il verbale del 18 giugno dove compare come d’incanto il punto 3.6 mai discusso in Consiglio e che prevede un contratto di procacciamento di sponsor con la società irlandese Reiwa Management Limited e una provvigione da corrispondere di 106 mila euro. Il vice-presidente Norma Gimondi si avvede di questo inserimento e chiede spiegazioni nel consiglio federale del 27 agosto, nel quale viene duramente criticata dal consigliere Gianantonio Crisafulli. La Gimondi si dimette. La Federciclismo si trincera dietro ad un silenzio assordante, fin quando l’altra sera (alle 21.30, ndr), dirama un comunicato nel quale si parla di «errore di un funzionario» nel redigere il verbale del 18 giugno e nel quale «erroneamente inseriva il nominativo della Reiwa come soggetto al quale erogare le provvigioni di sponsorizzazione». Infine, fa anche quattro nomi di persone ai quali sarebbero dovute andare le provvigioni in questione. Nel frattempo, l’altro giorno, il numero uno dello sport italiano Giovanni Malagò invita Dagnoni a chiarire. “tuttobiciweb.it” viene invitato a Roma e in questo clima e con queste premesse, ci troviamo al cospetto del presidente Cordiano Dagnoni e del Segretario Generale Marcello Tolu.
Presidente, perché non parlare prima?
«Perché di fatto non c’era niente da spiegare, ma noi abbiamo sempre voluto condividere tutto con il Consiglio e di conseguenza dopo quello celebrato il 6 agosto scorso, tutto doveva restare con un nulla di fatto, dandoci appuntamento a dopo le vacanze. Ci siamo trovati il 27 e in quell’occasione abbiamo chiarito che nulla era stato fatto e nessun accordo era stato preso con alcuna società».
Certo, adesso, ma il 18 agosto, quando scoppia il caso sollevato da un sito specializzato (ciclismoweb.net, ndr), si poteva dire immediatamente che con quella società irlandese non c’era nulla in essere e le provvigioni sarebbero state pagate regolarmente, ma in Italia.
«Io in quel momento non avevo avuto modo di confrontarmi con nessuno visto che eravamo in piene vacanze estive e con gli Europei di Monaco di Baviera in pieno svolgimento. Poi siamo arrivati al consiglio federale del 27 dove abbiamo comunicato che nulla era in essere».
Il 23 agosto arrivano le smentite: la Enervit Spa, che sostiene di aver stipulato contratti solo con la Federazione senza intermediari. La stessa Reiwa dice di non avere intese con voi e, infine, la stessa Federciclismo conferma che nulla è stato siglato. Piccolo problema, il giorno dopo al “Corriere della Sera”, lei dice testualmente: “In realtà lo sponsor TCI mi è stato presentato da un amico. Invece di dare la provvigione direttamente a lui, ho chiesto alla Reiwa di produrre fattura unica a noi e di distribuire i soldi ai procacciatori. Loro magari di mestiere fanno i salumieri, non gli intermediari, e la fattura non la possono fare”. Non proprio una bella uscita... prima smentisce contatti con la Reiwa, poi li richiama in causa.
«Era un modo per far capire cosa avremmo voluto fare, ma che non è mai stato fatto perché con questa società non è stato chiuso alcun rapporto. Ribadisco, non c’è mai stato nessun contratto, non c’è mai stata una delibera firmata o ratificata e assolutamente non ci sono mai stati pagamenti».
Sarò pedante e me ne scuso, ma poteva essere chiarita immediatamente questa cosa.
«In questo periodo ci può essere stato un lassismo comunicativo, che a noi ha danneggiato dal punto di vista dell’immagine e ha consentito a tanti di costruire giorno dopo giorno articoli basati sul nulla».
Gianni Bugno ha ripetuto più volte di essere stato lui a suggerire all’onorevole Gianfranco Librandi (proprietario della TCI, leader mondiale nella produzione di led, che a sua volta ha confermato di essere stato convinto dal due volte campione del mondo, ndr) la sponsorizzazione alla nazionale e di non essere stato nemmeno invitato alla conferenza stampa. Lei ha sostenuto a più riprese che Bugno, invece, con Librandi non c’entrava nulla e che la TCI l’ha intercetta direttamente lei grazie ad un suo amico. Perché l’altro ieri ha convocato nei suoi uffici Bugno? Perché gli ha offerto le provvigioni per una cosa che lei ha sostenuto fino a ieri di non dovergli corrispondere?
«Questo lo dice lei! Confermo, ho visto Gianni per dirgli che la verità è una sola. Gianni Monti – il mio intermediario - viene a trovarmi e mi dice: Beppe Sala è candidato a Milano e Gianfranco Librandi vuole dargli una mano, ma vorrebbe inserire in squadra uno sportivo. Io gli suggerisco Gianni Bugno, che da sempre è di centrosinistra. Chiamo Gianni (Bugno, ndr) e gli chiedo se gli può interessare e lui mi dà il suo assenso. Si conoscono e inizia la campagna elettore. Dopo di che Gianni, venendo a conoscenza della passione di Librandi per il nostro sport, gli consiglia di entrare nel ciclismo con la Federciclismo. Questo è quanto».
Bene, ma perché allora corrispondere le provvigioni al signor Monti, quando l’accordo lo fa Bugno?
«Perché su questo progetto ci lavorano entrambi: Monti presenta Librandi a me e io presento Librandi a Gianni. Bugno poi veicola la sponsorizzazione a noi. Difatti io ho detto a Monti: con Gianni Bugno ti metti d’accordo tu? E così, quando Gianni ha manifestato il suo disappunto, l’ho contattato l’altro ieri per dirgli: hai la partita iva? Lui mi ha detto di sì, ma nonostante lamenti di aver dato un contributo e rivendichi di aver tirato una bella volata, adesso per principio mi ha detto che non vuole più niente».
Non è stato nemmeno invitato alla conferenza stampa…
«Di questo mi sono scusato personalmente».
È cosciente del fatto che in tutta questa vicenda ci sono tanti pasticci?
«Si, nì, fino ad un certo punto. Le dico sinceramente che mi risulta anche difficile continuare a dover dare spiegazioni di qualche “technicality” che sono all’interno del nostro consiglio. Quando si dice: i tesserati devono sapere… ma questo è un discorso commerciale e non capisco che spiegazioni devo dare».
Ma la Federazione ciclistica non è cosa sua: è di tutti. Gestisce soldi pubblici, anche se trovati da lei o da dei suoi collaboratori.
«Se mi sta accusando di non essere stato tempestivo, le posso dare ragione, ma nel caso specifico siamo tranquilli perché noi come Federazione siamo trasparenti come pochi, tanto da avere la media di un consiglio al mese, mentre in passato facevano quattro, massimo cinque consigli all’anno. Qualcuno come battuta, visto che erroneamente nel verbale è stato trascritto il nome di una società, dice che siamo la Federazione dell’erroneamente: forse sì, visto che erroneamente abbiamo aumentato le sponsorizzazioni per più di un milione, forse erroneamente abbiamo aumentato il capitale della federazione e sempre erroneamente abbiamo vinto fin qui 95 medaglie. Quando si lavora si sbaglia, l’importante è non commettere più gli stessi errori».
Io le auguro che di errori non ne faccia più.
«Se me lo consente è stato montato un cinema su un peccato veniale: qui si parla più di forma che di sostanza».
Però, oltre a questa magagna fiscale-amministrativa, ce n’è una di genere. Norma Gimondi, che ha sollevato il problema dell’aggiunta nel verbale, è stata apostrofata come ignorante da un consigliere federale.
«Ho letto sui giornali che è stata aggredita e non è così. I toni erano critici, ma lei ha avuto modo di sentire e vedere il punto incriminato e non c’è alcun passo in cui si sottolinea che è donna. Non ho trovato niente di sessista o di discriminatorio. Le ho fatto vedere il video. Io e il segretario generale abbiamo rincorso Norma, le ho chiesto di restare. Mi sono scusato a nome di tutti, l’ho cercata e invitata anche ad una premiazione per poterle parlare a quattr'occhi, ma lei non mi ha più nemmeno risposto. A quel punto le ho inviato un messaggino di scuse e grande vicinanza».
Qual è il suo stato d’animo in questo momento?
«Di grande sconforto, perché io ormai dedico tutta la mia vita a questa mission. Vede che mi sta venendo la pelle d’oca, perché le assicuro che io ci metto il cuore e la passione. In queste ultime settimane ho ricevuto messaggi di solidarietà da parte di tutti, soprattutto dei tecnici. Tutti mi sono vicini e i risultati lo dimostrano e le giuro che questa cosa mi fa davvero male (e mentre lo dice la voce si rompe per l’emozione, ndr). Sto mettendo passione e impegno, tutto quello che ho racimolato nella mia vita professionale e non trovo giusto che sia giudicato per delle cose inesistenti, solo perché c’è un disegno dietro che vuole screditare il nostro lavoro: questa cosa mi addolora oltremodo».
Quando pensa d’incontrare il presidente Malagò?
«L’ho sentito e mi fa piacere che nelle sue dichiarazioni abbia confermato qual è lo stato di salute della nostra Federazione dal punto di vista dei conti, della gestione e dei risultati. Per cui non voglio assillarlo, so che ha fiducia e quando lui vorrà lo incontrerò. In ogni caso il 15 avrò il consiglio nazionale del Coni e lì lo vedrò sicuramente. In quell’occasione spero di poter parlare con assoluta tranquillità anche con Norma Gimondi».
Hanno chiesto anche le sue dimissioni: ci pensa?
«E perché mai? Chi chiede queste cose non ha la minima idea di cosa voglia dire dirigere una Federazione e non ha nessun titolo per poter fare una richiesta del genere. Le dimissioni si chiedono se ci sono degli illeciti, non per qualcosa di basato sul nulla. Queste persone un giorno dovranno chiedermi scusa».