Anche con una positività al coronavirus si può correre una corsa del calibro del Tour de France: succede se la tua carica virale è bassa e dunque la commissione medica preposta ti considera "non contagioso". Questo è quanto emerge dall'ok ricevuto da Bob Jungels dell'Ag2r Citroen, che disputerà la Grande Boucle al via fra pochi minuti nonostante un tampone positivo.
Tutto sta nel regolamento diramato a inizio settimana dalla UCI per i grandi giri: in caso di test molecolare positivo, un triumvirato composto da medico di squadra, medico della corsa e medico UCI decide caso per caso se disporre la quarantena oppure no. Tanti corridori, abbiamo visto nei giorni scorsi, sono stati fermati, mentre il lussemburghese della Ag2r Citroen è stato ritenuto idoneo a gareggiare.
Abbiamo chiesto un parere a un medico sportivo specializzato nel ciclismo: Massimo Besnati, che dopo essersi occupato per 7 anni della Nazionale professionistica maschile su strada, è da un anno e mezzo il dottore delle Nazionali maschile e femminile della pista: «In generale il Covid-19 è in una fase di stallo - esordisce - sembra che ogni variante sia più infettiva ma meno dannosa della precedente, creando dunque meno problemi nei soggetti giovani. Per questo si sono allentate le restrizioni nella popolazione normale: io ho qualche perplessità, ma è pur vero che non si può vivere come negli ultimi due anni. Se gli scienziati ravvisano meno pericolo nonostante l'alta contagiosità, dovremo accettare che diventerà come l'influenza.»
Passando al tema ciclistico, ecco cosa ci dice il dottor Besnati: «Vietare ai corridori di partecipare a una competizione è una decisione molto forte, quindi sono d'accordo con questo protocollo della UCI. Certo, un rischio rimane: in gruppo non si passano le borracce, però tra salivazione e alito una dispersione di particelle nell'aria c'è e ci si può contagiare con una certa facilità. Inoltre il coronavirus, pure in forma non poco aggressiva, in una certa misura debilita: un ciclista che corre col covid sicuramente non sarà all'altezza della migliore performance, poiché l'organismo è impegnato a combattere il virus e le altre prestazioni vanno un po' in secondo piano. Sono sicuro comunque che la UCI ha tenuto in considerazione questi aspetti: hanno valutato così, spero vada tutto bene e ripeto, in fin dei conti sono d'accordo. Non si può continuare a castrare e vietare tutto, se la carica virale è molto bassa e il pericolo viene ritenuto minimo da chi di dovere, facciamo questo tentativo. Certo è che non ha senso applicare il protocollo solo nei grandi giri: dovrebbe essere valido per tutte le gare.»