«Due biglietti, per cortesia. Vorremmo visitare il museo». «Ecco a voi, buona visita». Una mattina di un giorno qualsiasi al Museo del Ciclismo, siamo in vetta al Ghisallo, accanto al Santuario dedicato alla Madonna dei Ciclisti.
I due ragazzi entrano, si tengono per mano e visitano il museo, curiosi, attenti. A fine visita, il ragazzo esce e rientra nel museo pochi secondi più tardi. In mano ha la maglia rosa, la scritta che campeggia è quella della sua squadra, la Bora Hansgrohe. La direttrice del Museo, Carola Gentilini, sbianca: di colpo capisce che quel volto che le pareva di aver riconosciuto è quello di Jai Hindley, il vincitore del Giro d'Italia.
L'incredulità, poi le scuse, ma per Jai non è un problema: lui si è preso qualche giorno di vacanza sul lago di Como con la fidanzata Abby e l'ha portata lassù, a vedere quel Museo che aveva visitato già una volta, nel 2015, quando è arrivato in Italia e correva con la Aran di Umbertone Di Giuseppe.
«Ero rimasto impressionato dalla parete che ospita tutte le maglie rosa e quindi ho pensato di portare anche la mia» ha detto con semplicità Jai. A quel punto ha autografato la maglia ed è andato lui stesso, con la direttrice del Museo, ad appendere quella maglia che arricchisce la collezione e porta a 64 il numero di maglie rosa che hanno trovato casa lassù.
La direttrice ha poi chiesto a Jai un altro regalo e lo ha passato al telefono ad Antonio Molteni, il presidente della Fondazione Museo del Ghisallo, che aveva lasciato da poco la struttura: il giusto premio per la persona che ha retto la barra in questi due anni difficili e sta operando per rilanciare il Museo dopo il Covid.
Prima di ripartire, Jai ha chiesto di poter acquistare il libro che illustra l'intera collezione del Museo, gli è stato donato e lui ha ringraziato commosso. Poi ha ripreso per mano la fidanzata ed è riparito, lasciando un segno in quel Museo che va ben oltre la sola maglia rosa. Buona vacanza, Jai, e grazie per la lezione.