Walter Belli ci ha lasciato. Il guerriero che inseguiva la "Velocità perfetta" adesso continuerà a pedalare lassù. Si raccontava così, Walter, nel suo sito: «Una base da trialista, atleta della Nazionale Italiana MTB e atleta RedBull, pluricampione italiano di BikeTrial e tanti altri successi (2001-2006), 2 Guinness World Record MTB. Molteplici freestyle show in trasmissioni televisive ed eventi. Dal 2006, la mia specialità diventa il Downhill e sono il primo atleta al mondo a gareggiare nella World Cup UCI Trial & Downhill.
Era un giorno come tanti, era un’uscita di lavoro in bici come tante, adrenalina e divertimento. Poi un malore, la caduta, il buio. Era il 12 ottobre 2014, quando sono caduto dalla bici e mi sono ritrovato in un letto di ospedale. Ho riaperto per la prima volta gli occhi dopo due settimane di coma farmacologico per capire che non ero più la stessa persona e avevo davanti una vita che non mi sentivo mia.
Più di un anno di degenza in ospedale, svariati arresti cardiaci, operazioni e tanto impegno, fisico e soprattutto psicologico. Dovevo ritrovare la mia 'velocità perfetta', quella che credevo di avere finalmente trovato e che poi pensavo di aver improvvisamente perso in una caduta.
Oggi mi sento un guerriero che vi vuole raccontare attraverso il suo diario e i suoi progetti, come tutti i giorni lotta per volare alto alla continua ricerca della sua 'velocità perfetta' e per portare avanti la sua nuova mission, quella di essere di ispirazione e supporto agli altri».
Quella di un tetraplegico è spesso la vita di un recluso, di un invisibile, ma Walter ha combattuto perché così non fosse: in sella alla sua carrozzina 4x4 ha continuato a muoversi per sentieri e sterrati, a seguire le gare che amava ma soprattutto a raccontarsi sui social e attraverso un documentario dal titolo "La Velocità Perfetta". «La velocità perfetta non è un numero perché qualunque numero ci limita e la Perfezione non ha limiti... La Velocità Perfetta è Essere nella tua Perfetta Velocità!": una citazione presa dal libro preferito di Walter, "Il Gabbiano Jonathan Livingston" di Richard Bach. Un libro che leggeva da bambino e che aveva riscoperto e fatto suo grazie agli audiolibri. Una citazione che ha dato il titolo a quel documentario che raccontava la sua storia e che Walter ci lascia come un'eredità morale, affidandoci il compito di far sì che la vita di un tetraplegico - e di chi soffre in generale - non sia mai quella di un recluso.
Alla famiglia e agli amici di Walter giungano le condoglianze della nostra redazione.
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