Era la prima e l’originale. Era un punto di vendita diventato anche punto di riferimento. Era il tempio delle biografie, la cripta dei manuali, il santuario delle riviste specializzate. Era la Libreria dello sport, una stella cometa caduta a Milano, zona Cadorna, via Carducci, civico 9. Era, perché quelle due vetrine che rappresentavano lo specchio della cultura sportiva in Italia, quella che porta che introduceva a un regno di corse e corridori, tornei e tornanti, lanciatori e saltatori, quel pianterreno dove si continuava ad avere un incontro umano e non un rapporto elettronico, quel seminterrato che stantuffava come la sala motori di una nave, alla fine di gennaio chiuderanno. “Game over”, così titola la pagina Facebook ribadendo un amore sempre dichiarato per tutto quello che si sono rivelati non solo gli Stati Uniti d’America, ma anche gli Stati Uniti dello Sport.
Perché qui si trovava di tutto: dalle opere di Gianni Brera ai romanzi di Gianni Mura, dal Fausto Coppi di Mario Fossati al Nereo Rocco di Gigi Garanzini, dai cavalli di Luigi Gianoli ai pugili di Dario Torromeo, dai racconti di Cesare Fiumi alle poesie di Ennio Buongiovanni, dai volumi di Walter Bonatti e Reinhold Messner ai best seller di André Agassi e Francesco Totti. E se non si trovavano, si cercavano e si ordinavano. “Io c’ero davvero” di Gian Paolo Ormezzano? “Eliso Rivera” di Claudio Gregori? “L’arte del rugby” di Spiro Zavos? Magicamente arrivavano.
Quarant’anni di storia dello sport: milanese e planetaria, cartacea e digitale, testuale e fotografica, fatta di titoli ed editori ma anche di personaggi e lettori, atleti e allenatori, irrobustita da appuntamenti e rassegne, pubblicazioni e partecipazioni, arricchita da calendari e figurine, diari e manifesti. I Frascolla: prima Matteo, poi il figlio Paolo, e sempre Ida, moglie e madre, a turno timonieri e nostromi, ammiragli e meccanici, e i loro collaboratori, alle vele, alle mappe, ai motori, ai remi, ai cannoni. Con i libri si navigava sempre a vista finché Amazon – nel 2011-2012 - non ha scatenato una tempesta mondiale, e il Covid non ha certo aiutato a ritrovare la giusta rotta. “Il triplice fischio dell’arbitro ha sancito la fine del match – ha chiosato sportivamente Paolo Frascolla in quello che può essere considerato l’epilogo, l’epigrafe, l’autonecrologio -. Non sono bastati i tempi supplementari”. Lo si temeva ed è avvenuto: la cronaca di una morte stampata. E poi i ringraziamenti “a tutti voi che ci avete supportato in questi anni”.
Qui il ciclismo aveva, da sempre, il suo grande spazio: entrando, a destra, in fondo. Le collane di Ediciclo, le proposte di 66thand2nd, le novità di Mondadori e Rizzoli, le creature di tanti piccoli editori che consideravano questi scaffali come il palcoscenico della Scala, quasi una consacrazione da Pulitzer. Qui si veniva a colpo sicuro: lo sport non solo come educazione fisica e scienza motoria, ma come cultura, stile, letteratura, spirito, palestra di idee, arena di parole. La saracinesca abbassata non sarà la sconfitta di una filosofia, ma la crisi di un sistema. Tant’è che la Libreria dello Sport potrebbe continuare a vivere trasformandosi definitivamente da negozio a casa: casa editrice.
L’addio sarà comunque lungo e doloroso, ma alleggerito nei prezzi: fino alla fine del mese si potranno acquistare i libri con sconti dal 50 al 75 per cento.