
I piedi sulla pista, le mani alla balaustra, gli occhi al fotografo, i capelli al vento. Non con il body aerodinamico, ma in un abito formale, elegante, da cerimonia. Non in azzurro nazionale, ma in blu scuro. Luminosa, promettente, affascinante, seducente. Chi non la conosce, penserebbe a un’attrice, a una modella, a una Miss Universo. Invece è una campionessa di ciclismo. Ma sì, dai: Letizia Paternoster.
Fino al 6 gennaio Letizia spadroneggia sotto i porticati di via XX Settembre a Genova (visione libera e gratuita), stella della mostra fotografica “Energie” di Stefano Guindani, 10 “totem” e 20 opere dedicate allo sport italiano, che proprio nell’anno della clausura ci ha spalancato al mondo, e che proprio nell’anno (gli anni, ormai) della pandemia ci ha sanificati con imprese e vittorie e ssntificato con voli non solo pindarici e gesti tecnici sublimati in gesta memorabili.
Dal tennis (Lorenzo Sonego) allo sci (Elena Curtoni), da una palestra di pugilato (la Excelsior Boxe di Marcianise) a una di ginnastica (Associazione sportiva Udinese) e a un’altra di judo (lo Star Judo Club di Napoli, quello della famiglia Maddaloni a Scampia), dalle mani (quelle della pallavolista Paola Egonu) alle ginocchia (quelle di un rugbista delle Zebre), perfino le ombre (quelle dei giocatori di basket della Fortitudo Agrigento). E per il ciclismo c’è anche l’immagine, rapida, istantanea, furtiva di quattro pistard - impossibili da fermare tanto che l’immagine è mossa – impegnati su pista.
Guindani voleva “realizzare un’opera sul mondo dello sport senza parlare di risultati ma raccontandone i valori”. Nel caso di Letizia Paternoster, la passione senza ferire la professione, la forza senza sminuire la femminilità. Insomma: la bellezza.
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