Si ritrovò fra il K2 e l’Everest: Bartali e Coppi. Gli venne una pazza idea: “Lasciatemi andare via”. Bartali brontolò: “Se al Fausto va bene”. Coppi sillabò: “Se va bene al Gino”. Allora bevve l’ultimo goccio d’acqua, strinse i cinghietti dei pedali e ci dette dentro.
Era il Giro dell’Emilia del 1952. Minardi si accorse di averne poca: se quei due andavano a trentacinque, lui forse arrivava a trentasei. Dopo un paio di chilometri si volse indietro e li vide, complici, che lo lasciavano cuocere a bagnomaria. Si fece riprendere e se la giocò in voata. Il risultato, sorprendente, fu declamato con un titolo – allora si usava così – chilometrico sulla prima pagina dell’edizione domenicale della “Gazzetta dello Sport”: “Gino Bartali domina il Giro dell’Emilia e – raggiunto – batte Minardi e Coppi in volata!”.
E’ uno dei tanti episodi, forse uno di quelli che amava più ricordare, della vita di Giuseppe Francesco Domenico Minardi, “Pipaza”, come nel titolo del libro di racconti, a parole e fotografie, ritagli e manifesti, vignette e statistiche, composto da Giovanni Barnabè e pubblicato grazie al sostegno di BCC Romagna Occidentale, Rotary di Castel Bolognese Romagna Ovest e Cooperativa Libertas Solarolo. Barnabè ha scavato negli archivi, recuperando le interviste che Minardi concesse ad Arturo Frontali per Radio 2001 Romagna e a Ivan Neri per la sua opera “Campioni del ciclismo di Romagna”, raccogliendo le testimonianze dei figli Luigi, Davide, Stefania e Claudia e arricchendole con le prefazioni di Raffaele Babini e Emilia Donati.
Il ciclismo del secondo dopoguerra dipingeva il ritorno alla vita. “Monsignor Giuseppe Babini, rettore della parrocchia di Solarolo – scrive Raffaele Babini – per annunciare le tue vittorie suonava le campane a festa”. “C’era addirittura – aggiunge Emilia Donati – chi a Minardi forniva gratuitamente bistecche affinché mantenesse il fisico sano e robusto!”. “Pipaza” riuscì a ricavarsi uno spazio, non solo fra i suoi compaesani, in quel ciclismo himalayano, in mezzo al K2 e all’Everest: Bartali e Coppi. “Se Coppi parlava poco, Bartali non stava mai zitto”, sentenziava “Pipaza”, che a domande rispondeva, che a provocazioni raccontava, che a preghiere riesumava storie formidabili e memorie commoventi.
Gli studi: “Avevo cominciato come garzone del contadino e ora ero un muratore, un muratore con la quinta elementare perché quando i miei amici avevano dovuto mollare la scuola dopo la terza elementare, mia madre insistette per farmi fare anche la quinta. I vicini di casa, che non capivano tanto spreco, le chiedevano: ‘Ma cosa vuoi che diventi, uno scienziato?’”.
La bici: “Si sceglieva il film, generalmente uno di quei bei ‘filmoni’ americani, quindi il cinematografo, poi via in bici. Avevamo certi catenacci di bici da donna che facevano ridere, ma niente ci impediva di trasformare sia l’andata, sia il ritorno, in corse a perdifiato che vincevo sempre”.
Il sesso: “Il Giro di Lombardia era l’ultima corsa della stagione, perché poi c’era solo il Baracchi, ma a invito. A quel punto non si vedeva l’ora di andare a briglie sciolte, passare qualche ora con delle ragazze e fare l’amore. Dopo cinque o sei mesi di astinenza, le prime due o tre volte neanche le sentivo, poi si cominciava finalmente a ragionare. Andò così. Fatta la frittata, arriva una telefonata al centralino di Solarolo, viene da Milano, è Magni: ‘Fai il Baracchi con me’, mi annuncia. Io so della frittata, lui no. ‘Non sono preparato bene’ provo a dirgli. ‘Ma va là, domenica volavi’, mi risponde, e io non trovo più il coraggio di spiegargli...”.
La sorpresa: la Sassari-Cagliari del 1952, fuga a due con Magni, “i due fuggitivi si apprestavano a disputare la volata per la vittoria all’interno dello stadio. La gara era stata talmente veloce che sarebbe terminata mentre all’interno dello stadio era ancora in corso la partita e quindi gli organizzatori decisero di predisporre l’arrivo prima dell’ingresso dello stadio. Gli atleti, nella confusione del finale di gara, non capirono la modifica. Diedero quindi tutto per riuscire a spuntarla sulla pista del Sant’Elia”. Ma... “L’ordine d’arrivo era già stato preso al di fuori dello stadio”. Primo Magni, secondo Minardi.
Il regalo: Giro della Provincia di Reggio Calabria del 1954, “dopo la gara, come promesso, con l’ammiraglia e qualche compagno andiamo a Catone, da Pasquale”, un suo tifoso, “rintracciamo la casa, suoniamo il campanello ed entriamo”, “ci fermiamo due ore a chiacchierare e lui non capisce più nulla dalla felicità e dall’emozione” e “da quel giorno, una volta l’anno, per anni e anni, mi ha mandato a casa una cassetta piena di limoni”.
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