Si è fatto prestare la Colnago rossa con cui Beppe Saronni sparò “la fucilata di Goodwood” e conquistò il Mondiale del 1982. Poi l’ha stesa per terra, l’ha avvolta nel cellophane e l’ha fotografata.
Si è fatto prestare la maglia dell’Argentina a strisce verticali bianche e azzurre indossata da Diego Armando Maradona al Mondiale del 1994 contro la Nigeria. Poi l’ha stesa per terra, l’ha avvolta nel cellophane e l’ha fotografata.
Si è fatto prestare un guanto rosso con cui Michael Schumacher impugnava il volante della Ferrari al Gran premio d’Italia a Monza nel 2001. Poi l’ha steso per terra, l’ha avvolto nel cellophane e l’ha fotografato.
Pezzo dopo pezzo, cimelio dopo cimelio, memorabilia dopo memorabilia, tutti raccolti e inseriti in buste di plastica sotto vuoto, Marco Craig ha creato “Witness 1:1”, una mostra fotografica su alcuni oggetti, strumenti, attrezzi che testimoniano imprese di sport, momenti di gloria, episodi di storia, in scala 1:1, cioè a dimensioni reali. Un’opera unica.
Milanese, figlio d’artista (il padre, Mimmo, attore e doppiatore, in teatro con Giorgio Strehler, nel cinema con Carlo Lizzani, in tv con Sandro Bolchi, nella pubblicità ai Caroselli per l’Olio Sasso: “Matilde, la pancia non c’è più!”), Marco Craig ha ereditato la passione per i palcoscenici, e anche i dietro le quinte, e l’ha tradotta nella fotografia. Moda, design, pubblicità. E riviste, libri, mostre. Un interprete dei nostri tempi.
E lo sport? Un’ispirazione. Per “Witness 1:1” c’è chi ha parlato di voyeurismo, chi di still life, chi di passione. “La consapevolezza che l’arte si fa con il cuore – ha spiegato Craig alla rivista “Rolling Stone” – e che è la voglia di trasmettere i tuoi sentimenti al mondo esterno”. Tant’è vero che nel 2015 ha deciso di fotografare la Maratona di New York, ma alla sua maniera: non da fuori a dentro, ma da dentro a fuori, cioè da corridore, correndola, e strada facendo (42 km e 195 metri) fissando le immagini di chi guardava, suonava, assisteva, ballava, insomma, la viveva, la abitava, la respirava stando oltre il nastro “do not cross”, non attraversare.
Craig, invece, attraversa e continua ad attraversare confini, superare limiti, esplorare soluzioni. Chi altro ha mai pensato di incellophanare la Colnago iridata di Saronni?