Quell'Italia solidale de 'LaStoriainBici', il format cicloturistico creato cinque anni fa Michelino Davico, senatore piemontese e ciclista non a tempo vano, ma di costrutto, che indossa la filosofia della bicicletta per illuminare i segreti e le glorie e i borghi infiniti della penisola, isole comprese, ha confermato ancora Napoli, punto di arrivo l’anno scorso dalla 'Cuneo-Napoli' nel segno di Totò, quale polo di partenza della sua avventura letteraria 2021.
Avventura, ed è un'avventura in excelsis, se vi illustriamo la 'Napoli/Procida - Firenze' disegnata in otto frazioni, dal 3 al 12 settembre, e tracciata sulle cadenze sentimentali e poetiche di Dante Alighieri, e della sua Divina Commedia, in occasione dei 700 anni dalla sua scomparsa.
Si è partiti appunto con un prologo in favore di stelle da Procida, dove la carovana - una settantina di atleti e accompagnatori, con supporti logistici al seguito - è arrivata nel pomeriggio, dopo il raduno di base e le formalità di rito a Porto di Massa dei partecipanti.
Procida, e non a caso, l’avrebbe scelta Dante in persona, come scenografia di una serata di gala, a fondere una gloria remota di 700 anni con questa nostra isola prescelta Capitale italiana della cultura 2022. Procida, ed è stata una idea felice, per la religione mica tanto laica di Davico, senza forzatura e senza piaggeria, facendo riferimento alla Bicicletta icona di umanità cortese che emerge dalle scene de 'Il Postino', da Massimo Troisi, un Mario gentile come Nibali, e Philippe Noiret, un Neruda magistrale come Merckx... Procida, fra la Corricella e Terra Murata, e in Dante qui inciampiamo ancora di più, se la ragazza perdutamente amata dal postino Mario, non si chiamerà per sempre mica Graziella, bensì proprio Beatrice, come la donna di Dante.
Oggi, dopo il ritorno in terraferma a Pozzuoli, si svolgerà la prima tappa, da Pozzuoli appunto a Baia Domizia, con il via dal Tempio di Serapide ed un omaggio ai Campi Flegrei e alla mitologia della Sibilla Cumana e del lago di Averno, ed alla figura di poeta e primo uomo di fede che fu Virgilio, quel Virgilio intensamente napoletano, guida di Dante e suo alter ego nel suo viaggio agli Inferi.
E saluteremo Sessa Aurunca, l'indomani, cittadina dalla smarrita gloria, forte del passato e del Castello, e di un patrimonio artistico da consegnare a chi sappia amare e non di corsa, come solo un Ciclista: il Ponte Aurunco, la Cattedrale Romanica, la chiesetta rupestre di Santa Maria in Grotta a Rongolise...
E le giornate successive fra Agnone, Rocca Calascio e Scheggino, con questa attenta ricerca dei luoghi minori, che per il ciclismo sono maggiori di cuore, sull’Appennino, e un omaggio ad Amatrice e alle sue vittime tragiche del terremoto, offriranno altri paralleli fra i motivi del ciclismo e la filologia dantesca.
Pensiamo a Costante Girardengo, l’omino di Novi, il primo 'campionissimo', e al suo Inferno, vissuto di dolore fisico sull’Altopiano delle Cinque Miglia, nel 1921, quando dopo aver dominato l’inizio del Giro d' Italia si fermò e disse basta, non ce la faccio più. Anzi, lo scrisse con una matita su una pietra miliare: 'io mi fermo qui', e non era una canzone.
E nei giorni successivi ci sarà il passaggio per Assisi, ricordando una giovane di religione speciale come fu santa Chiara, santa Chiara e le Clarisse, la tappa di Fabriano, e la visita alle sue cartiere. E poi ancora, una frazione verticale, e non di altimetria banale parliamo, con l’arrivo a Gradara, giovedì 9 settembre, e l’omaggio emblematico a Paolo e Francesca, gli amanti sfortunati del V canto dell’Inferno e di ogni giorno della vita, 'nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria'. E da lì poi, l’indomani quella partenza da Riccione che evoca un altro personaggio del ciclismo perfetto per tensione da moderna Divina Commedia: già, Marco Pantani, lo scalatore della vicina Cesenatico cui bastava il Carpegna per sentirsi in cielo, lo scalatore che veniva dal mare, Marco Pantani, che la salita voleva finirla prima, perchè prima finisse l’agonia. Marco Pantani, che dell’Inferno più che un Conte Ugolino rabbioso, ci ricorda sdegnoso quell’epicureo Farinata degli Uberti, 'che aveva l’Inferno in gran dispitto'. Marco Pantani, che forse Dante avrebbe affidato per malinconia alle parole di Guido Cavalcanti esule, 'Perchè io non spero di tornar giammai, ballatetta, in Toscana...'.
E dopo la frazione di Castenaso, a ricordare Alfonsina Strada, la pioniera del ciclismo femminile, si svolgerà sabato 11 la Bologna - Firenze, con arrivo finale a Piazza della Signoria. E che sia Paradiso, l’ultimo giorno di corsa non sappiamo. Ma lì ci sarà di certo Gino Bartali, il campione pio, il salvatore degli ebrei e non solo, per il suo saluto a tutti, questi ciclisti viandanti sempre un po' poeti, dall’angolo giusto, da dantesco terziario francescano.
da Il Mattino
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