Magari non è mai bello arrivare a certe conclusioni, ma oggi come oggi sono le uniche possibili: dopo una sola settimana, non ci sono più ragioni pratiche per seguire il Tour de France. Meglio: si continua per il puro piacere di vedere gente che va bene in bicicletta, per godere paesaggi coi controfiocchi, ma il giallo ha già rivelato il nome dell'assassino con larghissimo anticipo. Mi diranno i saccenti che tutto può succedere – un fulmine, un Tir contromano, il morbillo -, ma sinceramente non sono queste le aspettative più edificanti. Purtroppo, restando alla semplice competizione, Pogacar ha già seppellito l'edizione 2021. Persino il suo rivale più plausibile, Roglic, è già a casa.
Quel che resta, è questo evento di portata eccezionale, cui non possiamo assistere impassibili: il nuovo secolo, il nuovo millennio, ci ha già spadellato un nuovo Merckx. Si dice per modo di dire che certi cannibali nascono ogni cinquant'anni, senza stare a fare i pignoli sugli anni, ma effettivamente questo succede: di campioni ne passano tanti sul palcoscenico della gloria, ma di una certa pasta, di quelli che poi la mamma butta via lo stampo, ne arrivano davvero pochissimi. Su la mano chi pensa che Pogacar non sia di questa caratura. Dei Binda, dei Coppi, dei Merckx.
Corro troppo? Magari corro troppo, ma io nella mia sporca vita ho visto di persona dopo Merckx le epoche di Indurain, Pantani, Armstrong e di tutti gli altri, ma sinceramente nessuno di questi mi ha mai choccato come Pogacar. Alla sua giovane età, vince già tutte le gare che corre. Vince in salita, vince a cronometro e se capita vince pure nella volata ristretta.
A chi mi dice che è troppo presto per iscriverlo all'albo degli immensi e degli imbattibili, rispondo che sì, posso capire, è ancora giovane, ma aggiungo subito che proprio per questo può pure migliorare. E nemmeno oso immaginare a quel punto che cosa diventerebbero le corse: magari, per restituire interesse al ciclismo, si adotterà la soluzione del Giro 1930, quando gli organizzatori provarono a tenere ben lontano il dispotico Binda offrendogli in anticipo il premio del vincitore, 22500 lire.
Leggende, fantasie, tutto è possibile quando circolano nei paraggi i tipi di quella risma. Niente mi toglie più dalla testa che Pogacar sia di questi. Dopo tutto, non mi spiace per niente. Considero anzi una fortuna vivere nel tempo in cui esplodono simili fenomeni, gente nata agli antipodi della normalità e del possibile. Sono quelli dell'impossibile e dell'impensabile, che noi possiamo solo ammirare, contemplare, al limite invidiare, ma tassativamente mai imitare.
In questo primo giorno di riposo, mi pare che il vero tema di riflessione sia proprio questo: quantificare la reale portata di Pogacar. Di solito in questa giornata si tira il bilancio della fase di rodaggio e si fanno le prime proiezioni, dicendo che lentamente si sta entrando nel vivo. Quest'anno, dopo tanti anni, è già tutto risolto e il vero dubbio si riduce a questo: conviene o non conviene seguire ancora due settimane di un simile Tour? Così ci ha ridotti Pogacar.
E' il solito momento in cui viene fuori la grande spaccatura dell'intero mondo sportivo: meglio una gara equilibrata, magari tra mediocri dello stesso livello, che si decide all'ultimo minuto, oppure meglio lo spietato show di un implacabile dominatore? Siccome a me piace da morire il talento che non ho e che mai potrei permettermi, preferisco la due: quando nasce un cannibale, mi piace gustarmelo giorno per giorno. Mi dicono che può essere persino monotono. Rispondo che non mi importa: meglio la monotonia dell'imbattibile che il livellamento dei bassotti. Tra i bassotti viviamo sempre, quotidianamente, ovunque. I sovrumani capitano sempre più raramente, quando lo decide l'universo, magari per distrazione. Se Taddeo è uno di questi, non me lo lascio scappare.