Per Elia Viviani l’avventura azzurra è iniziata ieri, quando al Salone d’Onore del Coni ha ricevuto la maglia che la nostra nazionale indosserà alle prossime Olimpiadi di Tokyo. Il veronese in Giappone avrà un ruolo importante e prestigioso: insieme alla tiratrice Jessica Rossi, sarà il nostro portabandiera nella cerimonia d’apertura.
«E’ sempre un momento particolare quando ti viene consegnata la maglia azzurra – ha detto Viviani –. Quest’anno il suo colore sarà argento, ma il pantaloncino sarà completamente azzurro e comunque l’importante è che ci sia scritto sopra Italia». La maglia sarà bianco-grigia e non del classico azzurro per permettere ai nostri atleti di sopportare meglio le alte temperature che troveranno in Giappone.
«Da qui a Tokyo faremo tutti il massimo per arrivare al nostro appuntamento al 110 per cento. Se ripenso a quei giorni trascorsi alle Olimpiadi di Rio, posso dire che sono stati i più facili della mia vita. Avevo lavorato bene e fatto tutto nel modo corretto, per cui in gara, non avevo fatto altro che portare a termine il lavoro iniziato tanto tempo prima. A Tokyo insieme a Jessica sarò porta bandiera, è un ruolo importante e voglio essere un esempio».
Viviani ai Giochi di Tokyo fu straordinario, regalandoci la medaglia d’oro nell’Omnium. Sono passati 5 anni da Rio e il mondo intero è stato sconvolto dalla pandemia, ante gare sono state cancellate ma Viviani, anche questa volta, vuole tornare a casa con un risultato importante.
«Abbiamo tanti punti di domanda su queste Olimpiadi. L'ultima volta c'era il caldo del Sud America, con tanta gente affettuosa e andremo in una Olimpiade strana, perché probabilmente saremo rinchiusi. Faremo tamponi tutti i giorni e dovremo prestare attenzione a tutto ciò che toccheremo, insomma saremo isolati. Il nostro compito sarà quello di concentrarci al massimo sulle competizioni, anche se ci mancherà il pubblico sulle tribune e sulla strada, ma dovremo essere forti e focalizzarci sui nostri obiettivi».
Tokyo sarà ricordata da tutti come l’Olimpiade post Covid che, a causa della pandemia è stata rimandata di un anno. Vedremo gli atleti con le mascherine e la maggior parte di loro, come il nostro Viviani, avrà fatto il vaccino. «Ho fatto già la prima dose di vaccino e farò la seconda dopo il 21 di giugno. Non ho avuto grandi problemi, solo il braccio un po’ dolente per qualche giorno, ovviamente noi atleti cerchiamo di fare le cose con più calma e non penso che il vaccino possa influire sui risultati sportivi».
Viviani si sta preparando e ieri dopo la cerimonia al Coni è partito immediatamente per Montichiari, dove il tecnico Marco Villa lo stava aspettando insieme agli altri ragazzi. «Sono contento di quanto ho fatto fino ad oggi. Anche il Giro d’Italia è andato bene nonostante la mancanza di una vittoria. Ho avuto buone sensazioni che erano mancate nel 2020. Manca poco più di un mese a Tokyo, ho serenità e queste sono le sensazioni che mi aiuteranno a poter dire la mia».
Viviani dovrà lavorare ancora tanto, in particolare sulla pista, anche se ci saranno ancora dei giorni di gara su strada. «Sarò principalmente a Montichiari con gli altri ragazzi, dobbiamo lavorare duro e arrivare a guardarci indietro con la consapevolezza che abbiamo fatto tutto nel modo giusto. Le pause saranno pochissime, faremo solo qualche giorno di recupero a casa oppure in altura a Livigno. Su strada farò l’Adriatica Ionica Race con la nazionale e il Giro di Sardegna poco prima di partire per Tokyo».
Con Elia ci saranno anche gli altri ragazzi che formeranno la spedizione azzurra, alcuni con più esperienza di altri ed il veronese vuole essere un buon punto di riferimento per tutti. «Per me sarà questa la terza Olimpiade, per altri la seconda, e forse per qualcuno sarà la prima volta. I ragazzi del quartetto hanno già corso a Rio, perché c’era stata l’esclusione della Russia e io voglio trasmettere a tutti emozioni forti e far capire che possiamo raggiungere l’obiettivo, affrontando la gara come se fosse un normale allenamento a Montichiari. Dovremo guardare solo il legno in terra e la ruota del compagno davanti».
La pista, più di altre discipline del ciclismo, ha sofferto a causa di molte corse annullate e tra queste anche gli Europei di Minsk. I punti di riferimento saranno pochi, mancano i tempi e la possibilità di confrontarsi. Le nazioni favorite ci saranno e l’Italia sarà uno dei Paesi da controllare.
«Certamente arriveremo a Tokyo con meno punti di riferimento, ma sappiamo che ci saranno nazioni forti come la Danimarca che sarà la favorita numero uno, poi Inghilterra, Australia e Nuova Zelanda. Queste 4 nazioni, oltre all’Italia, si contenderanno le medaglie della pista. Nell’Omnium e nell’Americana i nostri avversari saranno sempre i danesi, ma anche francesi, belgi e australiani. I pretendento al podio saranno tanti».
Elia, grazie alla sua vittoria a Rio, ha contribuito a far crescere il movimento italiano. Oggi ci sono molti più giovani che praticano la pista oltre al ciclismo su strada e anche ragazzi che si dedicano quasi esclusivamente alle gare nel velodromo. «Abbiamo un bel movimento, saremo competitivi sia nelle gare maschili che femminili, potremo essere protagonisti in tutte e sei le gare su pista e questo mi rende molto orgoglioso. Le nostre ragazze sono tutte forti e poi Paternoster e Balsamo saranno una coppia fortissima e potranno essere protagoniste anche nell’Omnium. Possiamo lottare per le medaglie in tutte e sei le gare che faremo».
Tornando al Giro d’Italia, per Elia la vittoria non è arrivata, in particolare è mancato il successo a Verona la sua città. «La tappa con arrivo a Verona per me è un grande rammarico. So che un’occasione del genere non mi capiterà mai più, ma quando c’è un finale come quello che abbiamo visto, allora si capisce che non è facile vincere. Guardando però il bicchiere mezzo pieno, nell’anno di Rio nelle corse su strada ero andato malissimo e poi mi sono ritrovato con una medaglia d’oro al collo».
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