È stata rinviata a giudizio la pistard friulana Maila Andreotti, 26 anni, per diffamazione contro il commissario tecnico del settore femminile, Dino Salvoldi: il processo inizierà al Tribunale di Milano (quarta sezione) l’8 giugno alle 11. La vicenda, primo atto di un presunto #MeToo a due ruote, era nata nell’ottobre 2019 dopo una intervista esclusiva della Andreotti al Corriere della Sera, in cui lei aveva parlato di «molestie psicologiche» del c.t. nei suoi confronti. La doppia inchiesta sportiva delle Procure Coni e Fci si era chiusa con una doppia archiviazione per Salvoldi. Quello che vi proponiamo è l'articolo del collega Luca Fazzo, che appare oggi sulle colonne de Il Giornale,
Un fascicolo fatto di un foglio solo, una indagine senza indagini: è quanto basta ieri alla Procura di Milano per chiedere e ottenere il rinvio a giudizio di Maila Andreotti, la ciclista azzurra che ha denunciato il clima irrespirabile della Nazionale, le vessazioni, il bullismo, gli insulti.
Il commissario tecnico dell'Italia, Dino Salvoldi, l'ha querelata per diffamazione aggravata. Il pubblico ministero non ha sentito l'esigenza di capire se Maila si fosse inventata tutto o se qualcun'altra delle ragazze del pedale potesse confermare o smentire il suo racconto. Ha chiesto il rinvio a giudizio, e in una manciata di minuti il giudice preliminare ha deciso. L'8 giugno sarà processata.
Pochi minuti prima dell'una, quando esce dall'aula di udienza accanto al suo avvocato Camilla Beltramini, Maila Andreotti ha i lucciconi. In mano ha la richiesta di rinvio a giudizio, firmata da un pm donna: «Offendeva la reputazione di Salvoldi Edoardo affermando che durante le trasferte lo stesso invitava le atlete a lasciare la porta della camera aperta per entrare in qualsiasi momento, che fossero vestite o no (...) affermava altresì che Salvoldi avrebbe intrattenuto relazioni con alcune atlete, favorendole poi nelle scelte tecniche».
per leggere tutto il servizio, vai su ilgiornale.it