Addentrarsi nei meandri della politica sportiva è davvero impresa ai limiti dell’impossibile perché spesso - la storia ce lo insegna - vale tutto e il contrario di tutto.
Certamente l’annunciata discesa in campo di Renato Di Rocco per la presidenza del Coni - candidatura confermata nelle intenzioni ma non ancora annunciata ufficialmente - ha fatto rumore e creato anche un po’ di scalpore.
E, naturalmente, scatenato reazioni. Come racconta Lorenzo Vendemiale su Il Fatto Quotidiano - il Collegio di garanzia dello Sport (impropriamente chiamato Collegio del Coni) ha emesso “ad orologeria” un parere che rischia di tarpare le ali a Di Rocco.
Di cosa si tratta? Di un pronunciamento che riguarda la Federazione Tiro a Segno e che stabilisce «in virtù della Legge Madia che vieta incarichi dirigenziali nelle amministrazioni pubbliche a personale in quiescenza, chi è in pensione non può diventare presidente».
Se applicato anche al Coni, il parere bloccherebbe di fatto la candidatura di Di Rocco. Ma c’è più di un ma, altrimenti che politica sportiva sarebbe? Per esempio c’è da considerare che l’Unione Tiro a segno è posta sotto la diretta vigilanza del ministero della Difesa per la questione del porto d’armi ed è l’unica Federazione a trovarsi in questa posizione e proprio per questo non assimilabile alle altre.
E poi, il pronunciamento del Collegio di garanzia dello Sport vale anche per la presidenza del Coni? Gli avvocati specializzati in diritto sportivo, naturalmente, stanno analizzando la questione in vista delle elezioni in programma il 13 maggio a Milano.
Al momento i candidati ufficiali sono il presidente uscente Giovanni Malagò - in ogni caso favoritissimo - e l’olimpionica Antonella Bellutti. Ma il partito del malcontento - guidato dai presidenti di Federnuoto Barelli e Federtennis Biraghi - vuole puntare su un proprio candidato e ha individuato in Renato Di Rocco l’uomo giusto. Che succederà ora? La risposta, forse, alla prossima puntata.
Se sei giá nostro utente esegui il login altrimenti registrati.