Procida, capitale della cultura italiana nel 2022. La più piccola, la più nascosta, la più segreta delle tre isole napoletane: in 330 giorni ospiterà 44 progetti e 40 opere originali in otto spazi rinnovati. La cultura non isola.
Borgo di pescatori, oasi di turismo, Procida è un motovelodromo a cielo aperto. Un labirinto di stradine, cinque-sei chilometri per andare da un capo all’altro, trafficate da motorini, furgoni e biciclette, ma inadatte al ciclismo. Eppure, nel 1977, Procida fu sfiorata dal Giro d’Italia.
“Ricevetti una telefonata da Vincenzo Torriani – ricorda Carmine Castellano, che avrebbe diretto il Giro dal 1989 al 2005, ma che aveva già cominciato a collaborare con la macchina organizzativa della “Gazzetta dello Sport” -. Gino Palumbo, direttore del quotidiano, voleva che la partenza avvenisse da Napoli per celebrare l’acquisizione del ‘Mattino’ da parte della Rizzoli. Ma Torriani era restio. Si sentiva ancora offeso dalla manifestazione di disoccupati e cassintegrati che proprio a Napoli volevano impedire la partenza di una tappa del Giro nel 1969”. Fu un arabesco diplomatico. “Palumbo mi spiegò che voleva un luogo che ricordasse Napoli, ma che non fosse Napoli”.
Castellano si rivolse ad amici di una società ciclistica di Monte di Procida, il promontorio che si erge proprio davanti all’isola: “L’incontro con il sindaco, che era anche un dirigente della Regione Campania, ci spalancò le porte”. Il quartiere generale fu stabilito nel Castello aragonese di Baia, oggi sede del Museo archeologico dei Campi Flegrei: accrediti, riunioni, conferenze. Il cronoprologo fu disegnato dal Lago Miseno di Bacoli fino a Monte Procida, i primi tre chilometri pianeggianti, gli altri quattro in leggera salita, totale sette. Era venerdì 20 maggio. Vinse Freddy Maertens davanti a Francesco Moser (a 3”) e Knut Knudsen (a 20”), quarto Johan DeMuynck (a 21”), quinto Gibì Baronchelli (a 25”), settimo Michel Pollentier, che avrebbe conquistato la classifica finale del Giro (a 31”), nono Felice Gimondi (a 33”). Il giorno dopo il Giro d’Italia affrontò la prima tappa, dal Lago Miseno ad Avellino, e Maertens concesse il bis, stavolta in volata, su Marino Basso ed Ercole Gualazzini.
“Fu un giorno di festa – racconta Castellano - e un trionfo di folla. Alla corsa assisteva anche la vedova di Juan Manuel Santisteban, il corridore spagnolo morto in corsa un anno prima. Torriani aveva voluto ospitarla, accompagnata da alcuni familiari e assistita da un’interprete, che fu trovata da mia moglie Marisa. La vigilia della partenza a Baia si celebrò una messa in ricordo di Santisteban, e la chiesa straripava di persone”.
Castellano, 84 anni il prossimo 7 marzo, è tornato a vivere nella sua Sant’Agnello, a due passi da Sorrento. “Se mi affaccio, vedo Procida. Eppure, lo confesso, non ci sono mai stato”.
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