Il “Campione dei Campioni” in Francia è nuovamente Julian Alaphilippe, il campione del mondo capace di appassionare il pubblico di ogni Paese, non solo i transalpini. Piace tanto Alaphilippe perché vince con semplicità e per lui quelle vittorie hanno sempre una dedicata importante, come al Tour de France quando dedicò la vittoria al papà scomarso da poco.
Alaphilippe è il corridore che vince come un fuoriclasse, consapevole della propria superiorità, ma che sa commuoversi dopo aver tagliato il traguardo. La maglia con l’iride per lui è un sogno, quello di quando era bambino, che adesso è riuscito a realizzare.
Per il secondo anno consecutivo, Julian Alaphilippe è stato votato "Campione dei Campioni di Francia" dai giornalisti del quotidiano sportivo L'Équipe e a loro ha voluto rilasciare una intervista, di rientro dal primo ritiro prestagionale in Spagna.
«Francamente mi sento bene. Sono stato contento di tornare al lavoro e sono già molto motivato per la prossima stagione, anche se ho ancora molto tempo per prepararmi. Il livello era alto nella squadra perché la stagione si è conclusa tardi per i corridori che hanno fatto la Vuelta. Non sono preoccupato, so come lavoro, so di cosa ho bisogno e quali sono i miei obiettivi».
Il francese ha fatto fatica a riprendere gli allenamenti a causa della frattura al secondo e al quarto metacarpo della mano destra, ancora oggetto di sedute di riabilitazione, che si è procurato nella caduta al Giro delle Fiandre.
«La riabilitazione sta richiedendo un po’ più di tempo per farmi ritrovare il 100% della funzionalità. I medici dicono che è normale non aver ancora ripreso tutta la mia mobilità e ancor meno le forze, soprattutto per stringere il manubrio: non riesco a scattare, ma posso guidare la bici e questa è la cosa principale».
Negli occhi di Alaphilippe sono ancora impresse le immagini di Imola, quando ha conquistato il suo Mondiale, ma allo stesso tempo è un po’ preoccupato per il futuro, perché la mano non sarebbe in grado oggi di sostenere le vibrazioni di una competizione, in particolare quelle sul pavè.
«Questa maglia mi ha sempre fatto sognare. Sento molto fil suo simbolismo. Significava così tanto per me, mettere il mio nome in questa gara è stato folle. Oggi, correre su una strada acciottolata sarebbe inimmaginabile per me, anche su una strada con qualche asperità le vibrazioni mi farebbero male, ma durante il prossimo stage di gennaio sono certo che andrà bene».
Il programma ufficiale del francese verrà annunciato tra due settimane, ma l’idea è quella di riprendere la stagione gradualmente, per essere al 100% in aprile, quando ci saranno le classiche. «Per me sarà importante far brillare la maglia nelle Classiche. Correrò molte Classiche, alcune nelle Fiandre e quasi tutte le Ardenne. Sarà molto impegnativo, dovremo stare bene da fine marzo e resistere fino a Liegi (25 aprile). Un grande blocco che durerà un intero mese. Vorrei essere subito al via della stagione, per preparare pian piano verso i miei obiettivi. Non tornerò in Sud America, inizierò un po’ più tardi la stagione perché correrò molto in primavera».
Alaphilippe non ha parlato delle Olimpiadi e neanche dei grandi giri perché il suo impegno principale saranno proprio le Classiche. Alla fine del prossimo anno scadrà il suo contratto con la Deceunick-Quick Step, squadra con cui il francese ha costruito tutta la sua carriera e nella quale è arrivato nel 2014.
«Sono molto soddisfatto del ruolo che ho nella squadra. Con la Deceuninck-Quick Step ho costruito un rapporto forte, amo la sua mentalità, il suo modo di correre con il quale mi identifico. Si adatta perfettamente al corridore che sono oggi, interamente concentrato sulle Classiche. Se poi ci sarà un'altra strada da fare, se ne avrò voglia, se sentirò che è arrivato il momento di puntare ad una classifica generale di un grande giro, allora vedremo. Oggi sono concentrato sul grande appuntamento con le Classiche in primavera che, ripeto, sarà importante. Non riesco a pensare a dove sarò o cosa farò nel 2022, posso però dire che i miei prossimi risultati non saranno decisivi per il mio futuro perché le squadre conoscono il mio valore».
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