Eadesso che non hai vinto, cara Annemiek Van Vleuten, il titolo mondiale 2020, e anche se non sarei su questo forse totalmente d’ accordo, ti ringraziamo una volta di più.
Vedi, sarebbe stato troppo facile parlare e riscrivere di te, i soliti toni di enfasi, al ritorno ancora trionfante dopo un infortunio ennesimo, un altro dei tanti da te subiti in strada e nella vita, e poi senza esitazione alcuna surclassati.
E invece questo tuo arrivare seconda, il polso sinistro protetto dal tutore bianco, e in che modo lancinante, nel testa a testa con la nostra Longo Borghini a Imola, già lontana e prima Anne Van der Breggen, mi ha illuminato una volta di più sulla potenzialità infinita della donna, Donna, semmai donna di sport, e di quel suo planetario sentimentale- emozionale, oltre che fisico, che tanto spesso noi uomini pensiamo di conoscere fino in fondo. (Senza accorgerci semmai che era solo un fondo fittizio, quello da noi raggiunto).
Vedi, Annemiek, io sono un giornalista di una città del Sud Italia che una sera del luglio 2014, a Caserta, quando tu avresti indossato a sorpresa, per pochi centesimi di vantaggio sulla inevitabile Vos, la prima maglia rosa del Giro d’Italia donne, ti sapeva a malapena nell’elenco delle iscritte, e avrebbe trasmesso a stento il tuo nome al giornale, ‘ti faccio lo spelling?’, ancora vagamente infastidito del fatto che a vincere quel prologo fossi stata tu, proprio tu, discretamente sconosciuta, e non invece (poniamo) Roxane Knetemann, la figlia di Gerrie, il compianto campione dai Ray Ban verdi in fotografia, sulla quale davvero c’era più naturale, e già per noi in serbo, un racconto.
E avrei imparato di te invece molto di più, semmai dopo aver letto con circospezione delle due operazioni subite alla arteria femorale, 2009 e 2011, ammirando il tuo ritorno alle corse già dopo il primo incidente a Livigno, 2015, con un polmone perforato, e massimamente dopo la caduta drammatica, chi la scorda in video, e la commozione cerebrale e la colonna vertebrale malmessa, alle Olimpiadi di Rio 2016, mentre eri in fuga verso la vittoria...
Magicamente tout court restituita alle corse, dopo poco, come se niente fosse e fosse stato, revenant, Donna Ciclista, vincendo e stravincendo, le crono iridate del 2017 e 2018, il Giro Rosa del 2018 e 2019, il Campionato del mondo in linea del 2019.
E ti abbiamo accompagnato con affetto al Giro Rosa di questo settembre, in rosa, fino alla caduta rovinosa di Maddaloni, e alla frattura del polso sinistro, un giovedì di sole per tutti, non per te. In quel ruzzolone rovinoso perdevi il Giro, sarebbe stato il terzo vinto in sequenza, e perdevi ancor più concretamente la chance di poter difendere nove giorni dopo il tuo titolo di campionessa del mondo, ad Imola.
Ed invece no, merito primario certo dei medici, quelli di Piedimonte Matese e di Arnhem, merito straordinario tuo, della pertinacia e della volontà, ma tu, Ciclista Donna dell’incredibile, ad Imola ci sei riuscita ad andare, e a correre e con quale determinazione di atleta campione. Le ferite, sembravi dire, non si blandiscono, si guariscono.
E qui però, ad Imola, se mi permetti, forse vado oltre il dato sportivo e tecnico, ma è lo spirito di questa rubrica, mi hai fatto amare ancora di più l’ineffabile costellazione dell’animo di una donna. Sai quante cose ho visto - visionario, io? - in te sabato 26 settembre, splendide in una donna, meglio se in una ragazza bionda? Ho visto il sapersi celare agli altri per tanti chilometri, l’audacia del primo scatto al penultimo giro sulla Gallisterna, e la titubanza e poi l’orgoglio nel rispondere anche ad una connazionale Van der Breggen che di te andava più forte in salita, ragazza che non ci sta, una sfumatura donna di gelosia, e poi invece l’intuire che stavi sbagliando, donna di pace, e il ritorno a farsi da parte, donna che si fa ombra, donna che non tradisce, marcando l’avversaria più temibile, la Longo Borghini... Quante sfaccettature, nel caleidoscopio umorale e sensitivo di una donna, giusto?
Fino a condividere, complicità di sguardi, due ragazze e un pomeriggio da organizzarsi, il contropiede con la Longo Borghini. Per quel duello finale e un podio da definire al meglio. E lì, correggimi se sbaglio, l’indecifrabile primato delle donne ci è parso dotato anche di una sottintesa capacità transitiva... Con la Longo Borghini ha che allarga il suo gomito destro verso il tuo braccio sinistro medicato, quello operato di fresco, in un lieve tentativo di frenarti... E poi, guarda il replay, sembra che è come se lo tirasse indietro, via dall’irregolarità modesta, come se non volesse farti del male, gentilezza naturale nel suo cuore. Abbiamo letto questo e se ci sbagliamo, non ditecelo, di grazia.
Grazie, allora, cara Annemiek, per averci fatto credere da innamorato per vero, ancora alle donne, creature ancora migliori di noi.
da tuttoBICI di ottobre