Ad Arcidosso sono quasi le 7 di sera. Lì circa 2 ore prima si è conclusa la seconda tappa del Giro Rosa, una frazione incredibile che ha visto il dominio assoluto di Annemiek Van Vleuten. Della competizione femminile è però rimasto poco o nulla: il pubblico è tornato nelle proprie case le atlete sono ormai da tempo nei loro alberghi, il palco si è già chiuso e le transenne spariscono una dopo l’altra, pronte a raggiungere la tappa successiva.
L’unica fiammella di vita è rappresentata da una finestra che domina sull’arrivo. È la sala stampa, allestita in un ufficio del palazzo comunale in cui si cerca di tirare le somme della giornata appena trascorsa e si lotta contro il tempo. Attorno al tavolo in tre traffichiamo con i nostri computer, mentre dal balcone il nostro autista Mimmo ci sprona a velocizzare i tempi. Vi è però un quinto incomodo nella compagnia, un signore che ci scruta con sguardo indagatorio.
Lo avevamo visto per la prima volta circa 4 ore prima quando era arrivato sventolandoci davanti agli occhi il foglio del protocollo anti covid. Da quel momento avevamo assistito alle sue comparse improvvise: entrava nella stanza, ci guardava, andava sul terrazzo, per poi tornare a scrutarci mentre si dirigeva verso l’uscita. Era come se volesse chiederci qualcosa, ricevere un’informazione che forse da noi non poteva ottenere.
È ancora lì quando la tappa è finita, ma questa volta si avvicina e con passo deciso ci formula la tanto ponderara domanda: "ma voi di che giornale siete?". Ce lo dice tutto d’un fiato per poi sfoggiare un sorriso soddisfatto una volta ascoltate le nostre risposte. Quella domanda è come una scintilla, una di quelle che danno il via alle storie più magiche e Adriano Crescenti, questo il nome del signore, è pronto a raccontarci la sua. Lo fa con il petto carico di orgoglio spiegandoci il suo importante ruolo nella parte culturale del suo paese e della gioia di vedere la competizione. La definisce come una rinascita, un lampo di luce nel buio del covid. Secondo i piani iniziali la gente doveva essere molta di più, disposta ai lati della strada per dare supporto alle atlete, invece è relegata più indietro, con la voglia di scavalcare i divisori, ma con la consapevolezza che è meglio seguire il buonsenso.
Quella organizzata da Arcidosso è una vera e propria festa, con tanto di bandiere e di striscioni e, nonostante in parte mutilata, ugualmente calorosa . Ce lo spiega bene Adriano che in tutta quell’organizzazione ci ha messo molto del suo.
«Lei segue il ciclismo?ı ad un certo punto gli chiedo, ed è quasi triste quando mi risponde in maniera negativa. È in quel momento che però mi rendo conto di quanto ancora una volta questo sport sia magico. È in grado di affascinare chiunque, al di fuori della competizione, senza tempi e classifiche, è una ventata d’aria fresca, una festa a cui tutti sono invitati senza eccezione. Pur non seguendo tutto ciò Adriano ha voluto essere parte di quel qualcosa, per un’intera giornata ci ha scrutato per comprendere il nostro ruolo, per capire in che modo facessimo parte della magia.
Il tempo passa ma Adriano sembra voler aspettare che il nostro lavoro sia concluso. "forse deve chiudere lui" noi pensiamo. Intanto qua e là ci chiede informazioni, sulle atlete, sulla gara, sul ciclismo. «Da domani seguirò questo sport» ci dice orgoglioso.
Uno dopo l’altro spegniamo i pc e chiudiamo gli zaini, Adriano si avvia verso l’uscita, ma della chiave non c’è l’ombra, non è il suo compito, ha scelto di stare lì fino alla fine, fino che la magia fosse conclusa, una volta per tutte.
Esausti ce ne andiamo, Adriano con un sorriso ci guarda andare via, ormai affascinato da quel mondo che noi sembriamo rappresentare.
foto di Flaviano Ossola
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