Riprendiamo un articolo tradotto da Il Napolista, testata diretta da Massimiliano Gallo, che si dedica prevalentemente del mondo Napoli Calcio.
In questi giorni L’Equipe sta regalando autentiche perle agli appassionati di ciclismo. Ha previsto cinque interviste a Bernard Hinault in cui il fuoriclasse parla di suoi cinque avversari. L’ultima puntata è riservata al compianto Laurent Fignon. Le prime tre sono state dedicate a Merckx, Raas e Zoetemelk. La quarta è riservata a Francesco Moser.
Hinault parla di lui come uno dei ciclisti che più lo hanno intrigato, definisce un precursore per il suo uso della tecnologia. Ma non gli ha risparmiato critiche e frecciate. Ne ha criticato soprattutto il limitato raggio d’azione territoriale, ossia il fatto che Moser corresse soprattutto in Italia.
Avrei voluto vederlo al Tour ma non è più tornato dopo la sua partecipazione nel 1975. Vinse due tappe e indossò la maglia gialla per una settimana, questo avrebbe dovuto invogliarlo a tornare. Ma anche io ho corso poco in Italia».
L’Equipe scrive di un profondo rispetto di Hinault per Moser, gli piaceva la sua tenacia: «non si arrendeva mai».
Il quotidiano sportivo scrive che per Hinault Moser è stato uno dei più grandi campioni della sua generazione, colui il quale ha fatto evolvere il ciclismo dal punto di vista tecnologico – il riferimento è al record dell’ora -. Hinault non ha esitato a inserirlo nella lista dopo aver depennato senza dubbi Giuseppe Saronni: “Moser l’ho incrociato più volte rispetto a Saronni, soprattutto nelle grandi classiche. Secondo me, Moser è stato di un altro livello”.
«Aveva un carattere difficile, non era semplice averci a che fare. Soprattutto in Italia dov’era il re. Quando disputai il Giro, compresi che per destabilizzarlo avrei dovuto attaccarlo quando non se l’aspettava. Lungo le tappe erano in palio abbuoni e io facevo sempre in modo da lasciar partire qualche fuga in modo da togliergli la possibilità di aggiudicarseli. Sapevo che questo lo rendeva furioso ma lui pubblicamente non faceva una piega, era bravo a dissimulare»
Hinault ricorda il Giro di Lombardia del 1978 quando cadde vittima degli italiani. Gli sarebbe bastato il secondo posto per vincere il Super Prestige.
«Caddi in un tranello, gli italiani si erano evidentemente messi d’accordo per far vincere lui ed evitare che io arrivassi secondo. Lui non fece niente, lasciò che agissero gli altri che allo sprint mi sbilanciarono con un colpo di spalla (c’era Panizza in quello sprint, ndr). Nessuno vide nulla, il lavoro fu compiuto con molta discrezione e io arrivai terzo. Ero molto arrabbiato. Tornai l’anno dopo con l’obiettivo di vendicarmi e stavolta non ci fu storia. Ero sul podio quando lui passò la linea del traguardo e lo guardai dritto negli occhi affinché comprendesse bene. Fu una bella soddisfazione».
Hinault parla anche del Giro d’Italia del 1984 che Moser vinse all’ultima tappa in rimonta su Fignon.
«Le sue scarse qualità di scalatore non gli impedirono di vincere quel Giro d’Italia. Fu sufficiente eliminare la salita dello Stelvio (era la 18esima tappa) a loro dire per neve, ma non era vero, e disturbare la cronometro di Fignon piazzando un elicottero sopra di lui. In quell’episodio c’è tutta l’Italia che era dietro Moser ma lui non si rese colpevole di nulla e vinse il Giro. Chapeau».
Ricorda quando vinse allo sprint la Roubaix del 1981.
«Riuscii a battere lui e altri specialisti delle classiche. Non ricordo di aver sofferto alla sua ruota, controllavo bene il suo modo di correre. Non mi ha mai sorpreso nemmeno a cronometro, sua altra specialità, dove non mi ha mai battuto. Nemmeno al Giro».