A meno di ventiquattrore dalla Milano-Sanremo il bergamasco Simone Consonni, uomo di fiducia di Elia Viviani nella Cofidis Solutions-Crédits, ci parla della Classicissima, del nuovo percorso, del suo stato di forma e della condizione del suo capitano.
Dopo le 4 tappe in Francia a La Route d’Occitanie qual è la tua condizione?
“Ottima direi. Sulle strade francesi devo dire che sono partito male nella prima tappa soffrendo il caldo pauroso e anche il fatto che avevo trascorso 3 settimane a Livigno, e non facendo da due o tre anni un ritiro in altura l’ho pagato alla prima corsa. Però tappa dopo tappa mi sono sentito decisamente meglio e ho concluso che stavo bene (tanto è vero che il 19° posto, miglior risultato, Simone l’ha ottenuto nell’ultima tappa, ndr).
In attesa della 111a edizione della corsa che da Milano porta la carovana nella Città dei Fiori in Liguria, Consonni e la Cofidis vi siete trovati a San Vittore Olona, alle porte della metropoli.
“Con il gruppo che ha corso in Francia siamo arrivati direttamente qui, non siamo andati a provare il nuovo percorso perché le tappe francesi sono state molto intense. Decisamente il cambio del percorso e il fatto che ogni squadra ha al via solo 6 corridori ci ha un po’ spiazzato, non sono state belle notizie: lasciare a casa uno dei 7 corridori dell’Occitanie non è stato bello. Noi a fine giugno eravamo andati 4 giorni in Riviera di Ponente per preparare proprio la Sanremo: il primo giorno l’avevamo dedicato alla tappa di Nizza del prossimo Tour de France, il resto sulle strade della Classicissima. E adesso è cambiato tutto...”.
Per le note vicende del diniego di alcune città del Savonese del transito della carovana il percorso della Sanremo è stato modificato: pensi che cambierà anche la corsa?
“Il nuovo tracciato l’ho visto sulla cartina e quindi non posso dire le sensazioni della strada. Certamente sarà una Sanremo diversa per la data, il clima, oltre che per il percorso: ma alla fine il nostro approccio alla corsa sarà uguale. Anche chi ha provato il nuovo percorso non sa dire se è più dura questa edizione della Classicissima, il vero test è sempre e solo la corsa vera e propria. Personalmente ho fatto solo una volta la Milano-Sanremo nel 2018 (quella vinta da Vincenzo Nibali, con Simone 93° al traguardo, ndr) e ricordo solo che i vari Capi si facevano sentire nelle gambe: in quell’edizione ho perso le ruote dei migliori sul Poggio e mi sono sfilato”.
E’ chiaro che la Cofidis punta tutto su Viviani, come arriva Elia al suo primo grande appuntamento del 2020?
“Ci arriva nel miglior modo possibile in questo contesto. Nelle settimane in altura a Livigno abbiamo lavorato bene e arriviamo preparati al primo obiettivo di una stagione scombussolata. Sappiamo che è una corsa particolare per sua natura, questa volta ancora di più perché nessuno ha un rodaggio adeguato visto il lockdown e il chilometraggio della Sanremo non perdona. Per quel che riguarda le volate a La Route d’Occitanie non c’è stato un vero e proprio test. Nel primo sprint dove Elia si è piazzato secondo, io mi sono arrotato con un altro corridore a pochi km dall’arrivo e non ho potuto aiutarlo; nella seconda tappa c’è stato lo sprint sì ma dopo uno strappo e le altre due tappe non erano adatte ai velocisti. Diciamo che in Francia abbiamo fatto un buon allenamento per Sanremo ma non per i meccanismi del treno per Elia”.
Tu cosa speri?
“La Sanremo è sempre molto combattuta, bisogna cercare di stare il più possibile vicino ad Elia tutto il giorno, di preservarlo dalle difficoltà: realisticamente difficile pensare di organizzare il treno per gli ultimi chilometri. Personalmente cercherò di scortarlo il più possibile, ci provo ma dubito di rimanere con i primi fino alla fine”.
Sei un velocista e quello che è purtroppo accaduto nella prima volata del Giro di Polonia a Fabio Jakobsen ha colpito tutti e in particolar modo i velocisti…
“Veramente difficile parlare di quello che è successo. Ho visto in diretta lo sprint e mi ha colpito la bruttissima caduta. Quell’arrivo lo conosco bene avendolo fatto per due anni alla corsa in Polonia: è di per sé pericoloso perché il gruppo arriva lanciatissimo dopo una discesina piombi sul traguardo alla massima velocità, se non siamo sugli 80 km/h nel pieno della volata ci siamo molto vicini. Quando succedono queste cose ti fermi un attimo a pensare quante volte noi rischiamo tantissimo. Però alla fine il giorno dopo si riparte, magari continui a pensare a quello che è accaduto, ma quando arriva l’ultimo chilometro ti ributti nella mischia a sgomitare. In fondo è il nostro lavoro e lo abbiamo scelto noi”.
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