“Il casco salva la vita” non è più solo uno spot o uno slogan della sicurezza stradale, ma ogni giorno è sempre più la dura realtà. Lo può dire bene Leonardo Tabarelli, mantovano classe ’99 e tesserato per il team Iseo Rime Carnovali, protagonista una decina di giorni fa dell’ennesimo incidente stradale causato da un automobilista non rispettoso delle due ruote.
«Era domenica mattina e mi stavo allenando dietro moto con mio padre Massimo quando un’autovettura, nel tentativo di sorpassare, ci ha stretto a bordo strada. Siamo scesi in un tratto pieno di buche, ne ho presa una in pieno e così ho toccato con la ruota la targa di mio padre e sono volato in mezzo alla strada. Fortunatamente la macchina dietro di noi ha frenato in tempo perché io ho perso conoscenza per alcuni secondi. Poi mi sono rialzato e sono tornato a casa con le botte relative...» racconta Tabarelli a tuttobiciweb. Una dinamica vista e rivista, ma che continua a ripetersi, inesorabilmente e i cui colpevoli sono sempre gli stessi: un manto stradale danneggiato e un automobilista troppo distratto tanto da non accorgersi dell’accaduto.
La diagnosi per il ragazzo è stata di trauma cranico e una serie di contusioni sul fianco e sulle vertebre, ma poteva andare molto peggio. «Fortunatamente sono riuscito subito a rialzarmi e sono tornato a casa con le mie gambe. Nel pomeriggio, vedendo che mi girava molto la testa ho preferito fare un controllo al pronto soccorso e per fortuna hanno escluso la presenza di un ematoma. In un modo o nell’altro me la sono comunque cavata, ma ho visto le condizioni del mio casco, letteralmente spaccato in due, me la sono vista davvero brutta. Già lo sapevo, ma in queste circostanze, mi sono reso ancora più conto che il casco è fondamentale, salva veramente la vita! Se non lo avessi avuto, come minimo sarei rimasto lì su quella strada».
Le conseguenze sono parecchie a livello fisico, ma anche a livello psicologico. «Ho ripreso a pedalare l’altro ieri, nove giorni dopo l’incidente, ma devo dire che non è il massimo. Devo andare piano, appena accelero la testa inizia girarmi e a pulsare, anche il collo è un po’ ammaccato e non ho del tutto l’equilibrio. Il grande problema è la paura, ora appena prendo delle buche mi spavento subito, anche in macchina, temo di sbattere da qualsiasi parte. È stata un’esperienza terribile, durante la prima settimana non riuscivo nemmeno a guardare la luce perché mi dava fastidio».
E ora?
«I programmi iniziali erano di ricominciare subito la stagione dopo il grande stop causa covid. Ad inizio mese sono stato 15 giorni in altura da solo a Tre Palle per prepararmi al meglio, già nello scorso weekend avrei dovuto correre l’extragiro e invece sono stato sfortunato. La squadra mi ha dato due settimane di riposo assoluto, ma mi sento ogni giorno con i miei direttori sportivi. A loro devo veramente tanto, i primi giorni dopo l’incidente ero parecchio demoralizzato, ma mi hanno dato conforto, ci tengono molto affinchè rientri bene. Vedendo le mie condizioni fisiche, ma anche l’incertezza delle corse nel mondo, è difficile dire quando potrò finalmente rientrare».
Leonardo Tabarelli, in attesa del rientro, sta affrontando un lento recupero e, tra un’uscita e l’altra, si dedica alla sua altre grande passione seconda solo a quella per il ciclismo: la cucina.
«Questa strana passione è nata dall’esigenza di mangiare sempre bene. Fin da quando avevo 14 anni e correvo nella categoria allievi ho avuto la necessità di avere un’alimentazione particolare, così mi sono reso conto che risultava più facile farmi da mangiare da solo e anche farlo per gli altri. Molti ragazzi storcono il naso quando sentono che io cucino, ma è un passatempo che io adoro. Ora ho un ricettario molto ricco, cucino in modo leggero e poco condito cercando di rendere buono anche le cose che solitamente sono riservate agli sportivi, con il lockdown mi sono sfogato preparando quasi ogni giorno pane e pizza. Cucinare mi rilassa, adoro farlo di sera quando sono a casa, devo dire che in un momento difficile come questo svagarmi nel mio regno mi ha proprio aiutato»
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