Una vittoria al Tour de France 1998 indossando la maglia Gialla dalla prima all'ultima tappa, sette successi di tappa ottenuti in vari anni sempre al Tour, il campionato mondiale su strada a Verona nel 1999, due vittorie al Giro d'Italia nel 2006 e 2007 corredate da sei successi di tappa, il successo nel Giro della Toscana 1999 oltre a cinque primi posti in varie frazioni, cinque campionati nazionali a cronometro individuale e uno in linea, oltre a due medaglie di bronzo ai mondiali di Duitama 1995 (in linea), di Verona 1999 (crono individuale) e una medaglia di argento al mondiale su strada di Lisbona 2001. Indubbiamente un palmarès impressionante, che se appartenesse ad un ciclista di sesso maschile lo designerebbe quale Campione tra i Campioni di tutti i tempi. Ma l'albo d'oro in questione appartiene invece a una donna, Edita Pucinskaite Rossi, ciclista italo-Lituana nata nel 1975 a Naujoji Akmené nella regione di Samogizia a Nord Ovest della Lituania e che ormai da anni risiede con il marito Roberto Rossi ed i figlioletti Thomas e Lucas a Monsummano Terme, la cittadina famosa per avere dato i natali all'attore e chansonnier Yves Montand. Edita, una volta abbandonata l'attività agonistica nel 2010 dopo il 33°posto colto nei mondiali australiani su strada di Geelong, non ha affatto rinunciato alla bici e continua a esibirsi soprattutto nelle Gran Fondo a scopi benefici con la maglia dell'Avis Bike di Pistoia, società fondata dieci anni fa. Il lungo lockdown dovuto al coronavirus non ha assolutamente fiaccato l'entusiasmo, l'ottimismo e la determinazione proverbiali di questa grande Campionessa del ciclismo internazionale, che abbiamo contattato per un'intervista presso la sua villetta di Monsummano.
C'è stata almeno una situazione difficile che avete vissuto in questo brutto periodo?
«Direi all'inizio, quando abbiamo capito di avere sottovalutato il virus. Poi, piano piano e anche grazie alle spiegazioni di mio marito che lavora nel settore sanitario, i contorni della pandemia sono diventati più inquietanti e così ci siamo adeguati alle normative diramate dal Governo».
Ci puoi parlare di altri due momenti in cui avete rischiato grosso?
«Sì, a Capodanno abbiamo partecipato a una crociera nel Mediterraneo e pochi giorni dopo lo sbarco la situazione è precipitata. Ed a febbraio ho rischiato di nuovo, decidendo forse un poco incautamente di andare a trovare mia sorella Daiva, che è docente universitaria di matematica in Oman. Era diverso tempo che non ci incontravamo, mentre l'altra nostra sorella, Ingrida, lavora presso la Commissione della UE a Bruxelles e viene spesso in Italia a trovarmi. In breve il viaggio è andato bene ma adesso anche l'Oman è alle prese con la grave pandemia del coronavirus».
Come avete affrontato l'emergenza virus in casa?
«Direi molto bene, dopo il primo disorientamento iniziale, un misto di ansia e paura, ha prevalso la consapevolezza che l'isolamento fosse l'unica strada da seguire. Di conseguenza siamo stati ancora più vicini a Thomas e Lucas, ai quali ho iniziato a insegnare la lingua lituana con malcelato orgoglio, mentre per quanto riguarda me e Roberto, dopo che ci siamo dedicati a fare tutte quelle cose da sempre rinviate, ha prevalso un certo fatalismo».
In che senso?
«Nel senso che esperienze come questa ti fanno capire che noi esseri umani siamo molto precari, che da un giorno all'altro tutto può rovesciarsi e fare vacillare le nostre certezze. Non si può continuare a distruggere la natura ed è ormai necessario cercare altre risorse, meno dannose per l'umanità. Poi, l'essere umano è davvero stupido: prima ci si lamentava che nelle Città d'Arte ci fossero troppi turisti e ora si piange perché le stesse città sono vuote».
Quest'anno niente Gran Fondo Avis-Edita Pucinskaite?
«Purtroppo no ed è un vero peccato perché avevamo predisposto parecchie e coinvolgenti novità. Inoltre il team Avis Bike Pistoia avrebbe festeggiato proprio nel 2020 i suoi primi dieci anni di attività. La nostra non è una società indirizzata verso l'agonismo, ci occupiamo di solidarietà e beneficenza e pure in questo periodo abbiamo organizzato gare virtuali a scopo benefico, insieme alle consuete donazioni del sangue. Ma state certi che nel 2021 la Gran Fondo Avis-Pucinskaite tornerà».
Quindi nulla a che vedere con quei cicloamatori che anche durante il lockdown hanno continuato ad allenarsi ferocemente nemmeno dovessero correre il Tour...
«Assolutamente no, questi cicloamatori così accaniti hanno fatto ridere il mondo con le loro forsennate esibizioni sui rulli e con certe uscite esterne in allenamento non autorizzate, poi giustamente punite dalle autorità. Tutto ciò dimostra come in quell'ambiente di realmente sportivo ci sia ben poco; girano troppi soldi, con gente pronta a tutto per guadagnarseli».
Parliamo del ciclismo famminile, com'è la situazione attuale in Italia e all'estero?
«In Italia, dopo annate molto positive, c'è una leggera pausa ma vedo affacciarsi delle ragazze molto in gamba, come Letizia Paternoster capace di vincere in diverse specialità. E' una giovane interessante, in sicura crescita. All'estero continua il dominio delle olandesi, favorite anche dal tipo di gare che assomigliano sempre di più a delle Classiche in linea. Van Vleuten, Vos e tante altre stanno dominando la scena quasi indisturbate».
E la tua Lituania?
«Siamo ridotte abbastanza male, solo Rasa Leleivyte è rimasta competitiva, ma di recente si è infortunata gravemente. Tuttavia non tutto il male viene per nuocere ed essendo già stata selezionata per le Olimpiadi, Rasa potrà così prepararsi con calma dopo lo spostamento dei Giochi al 2021».
Intanto Michele Bartoli ha compiuto 50 anni, gli hai fatto gli auguri?
«Certamente, è un amico, lo stimo, grande persona e grande campione, modesto, semplice e con un carattere esemplare. Fatte le debite proporzioni, non si può certo paragonare a un tipo - diciamo pure un po' estroverso – come Cipollini...».
Come valuti il nuovo calendario maschile UCI, tutto spostato da agosto in poi?
«Era importante ripartire, ma il Giro d'Italia è stato troppo penalizzato, più di ogni altra gara e la concomitanza con la Roubaix non si può proprio accettare...».
22 anni di carriera, 98 vittorie in totale, tu hai più ricevuto o più dato al ciclismo?
«Ritengo di essere in perfetto equilibrio, anche perché – fortunatamente - non ho mai subito gravi infortuni o lunghi stop».
Il bilancio della tua vita, almeno finora?
«Sono pienamente soddisfatta, fiera della mia carriera sportiva e strafelice della mia bellissima famiglia. Aggiungo che invecchiare non mi fa paura e che, comunque, conto di tenermi in forma dedicandomi alle attività in cui mi ha coinvolta ormai da anni il team Avis Bike di Pistoia».
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