
Ordinanza. È una parola magica che abbiamo imparato tutti a conoscere in questi mesi. È una parola che può aprire o chiudere, permettere o vietare e qualche volta anche sorprendere.
Ordinanza comunale, provinciale, regionale, nazionale... Ordinanza anche da interpretare, il più delle volte, e magari difficile da capire. Come quella emanata in data 2 maggio dalla presidenza della Regione Sardegna.
In una delle Regioni che hanno per fortuna un basso numero di casi di coronavirus, l'ordinanza obbliga i ciclisti a svolgere attità esclusivamente all'interno del loro comune di residenza. Si restringe, in pratica, quanto previsto dal DPCM (altra sigla che ormai è diventata di casa) che il 4 maggio ha concesso a tutti i ciclisti la libertà di praticare il loro sport preferito entro i limiti regionali e non comunali.
In Sardegna no. L'ordinanza regionale parla chiaro e disciplina così la pratica sportiva:
ART. 4) Nel territorio del proprio comune di residenza, domicilio e/o dimora abituale, è consentito svolgere individualmente attività motoria all'aria aperta, limitatamente a passeggiate, corse a piedi e in bicicletta, mantenendo la distanza interpersonale di almeno due metri. È altresì consentito, per i soggetti minori o diversamente abili, che tali attività siano svolte con un accompagnatore, preferibilmente convivente, al quale non si applicano gli obblighi di distanziamento personale nella misura strettamente indispensabile al supporto necessario all’accompagnato. In ogni caso, gli accompagnatori hanno l’obbligo di indossare idonei dispositivi di protezione delle vie respiratorie (mascherine).
ART. 5) Nel rispetto delle regole sul distanziamento e con divieto assoluto di assembramento, sono consentiti sul territorio regionale gli sport individuali all’aria aperta (golf, tiro al piattello, atletica, equitazione, tiro a segno, vela, tennis e simili ) nell’ambito dei rispettivi centri sportivi, che dovranno garantire il rispetto di turnazioni tali da impedire il contemporaneo accesso di atleti alle strutture, il loro contatto o la fruizione promiscua di spogliatoi, bagni, docce o spazi comuni al chiuso. I centri sportivi per sport individuali all’aria aperta, in caso di apertura, dovranno garantire altresì la costante igienizzazione e sanificazione degli ambienti al chiuso ed in particolare di spogliatoi, bagni e docce dopo ciascun utilizzo. È fatto divieto assoluto di somministrare alimenti e bevande all’interno di tali centri sportivi.
ART. 6) Per gli atleti di discipline sportive non individuali, riconosciute di interesse nazionale dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dal Comitato Italiano Paralimpico (CIP) o dalle rispettive federazioni, è consentito l’allenamento in forma individuale di atleti professionisti e non professionisti nel rispetto delle norme di distanziamento sociale e senza alcun assembramento in strutture a porte chiuse.
Strano davvero, il caso dei ciclisti sardi. Sani, per loro fortuna, ma costretti ancora a pedalare attorno a casa. Perché?