EMANUELE ONESTI. «HO SFIDATO L'ALPE D'HUEZ, MA AMO IL FIANDRE»

CONTINENTAL | 22/04/2020 | 07:45
di Roberto Fruzzetti

Continua in questo momento di riposo forzato a causa del Coronavirus dei corridori italiani e oggi, abbiamo raggiunto telefonicamente l'abruzzese Emanuele Onesti, chietino, classe ’95 e da tre anni militante in team Continental, prima alla Area Zero e nelle ultime due stagioni alla Giotti Vittoria Paolomar di Stefano Giuliani.


Intanto complimenti per l’impresa che hai fatto sui rulli in compagnia del tuo conterraneo Giulio Ciccone  della Trek Segafredo: pedalare per undici ore in diretta social e superare per dieci volte l'Alpe d'Huez non deve essere stato facile.
«Ti confesso che è stata davvero una meravigliosa esperienza, ma anche tanta è stata la fatica, visto che ho consumato più di 9000 calorie. Ho  bevuto 8 litri d’acqua e 2 litri di acqua con “sali” , ho mangiato 4 banane e 12 panini con nutella o marmellata e 2 gel per reintegrare parte delle calorie consumate. Un’esperienza comunque entusiasmante, lo ripeto».


Raccontaci di te: quando hai iniziato a pedalare?
«Avevo sei anni: vivendo in una famiglia di ciclisti era quasi inevitabile finire in sella, anche se non sono mai stato obbligato a pedalare tanto che fino ai 12 anni, oltre al ciclismo ho praticato anche basket. Poi ho dovuto fare una scelta ma la pallacanestro mi è rimasta comunque nel cuore».

La vittoria che ricordi in maniera particolare?
«Da juniores primo anno a Villa Pitignano (PG), era una gara nazionale alla quale partecipavano anche nazionali straniere. C'erano tutti i migliori corridori d'Italia e io - nonostante avessi vinto 3 giorni prima - non mi sarei mai immaginato di poter essere lì tra loro, vista la mia bassa autostima… Però ricordo di quel giorno che, arrivati sull'ultimo strappo, pensai solo a dare il massimo per dimostrare quanto valevo. Fu una giornata dal meteo terribile e io in quelle condizioni riesco a trasformarmi ed entrare in trance agonistica al massimo».

E da prof hai una gara che hai nel cuore?
«Il Tour of the Alps del 2019. Ero arrivato alla partenza con pochi km nelle gambe e una condizione precaria visto che ero stato una settimana a letto con febbre e tosse. Visto il calibro dei corridori mi ero quasi dato per spacciato, però non ho mollato un centimetro nonostante facessi fatica anche a rimanere in gruppetto. Ogni giorno mi ripetevo di stringere i denti per arrivare a quello successivo e all'arrivo dell'ultima tappa a Bolzano sono scoppiato a piangere perché l'ho sentita come la vittoria di una guerra con me stesso. Quella gara mi ha cambiato».

Che corridore pensi di essere?
«Al momento mi vedo bene sui percorsi mossi, ho uno spunto veloce ma forse troppo poco per le volate da gruppo compatto dove c'è bisogno di esplosività mentre io sono più un corridore da progressione. Diciamo che le gare con arrivo in gruppo più o meno ristretto sono quelle che reputo più adatte. I miei modelli sono Cancellara ma soprattutto Boonen».

Quindi la gara che vorresti vincere è…?
«La gara dei miei sogni è il Giro delle Fiandre. Ho avuto l'opportunità di poterlo correre in Nazionale da Under 23 e il mio amore per questa gara è cresciuto ancora. Indescrivibili le sensazioni che si provano nel percorrere quelle strade che sono veri e propri luoghi storici del ciclismo».

Come ti trovi con la Giotti Vittoria Palomar?
«Se dicessi che è un ambiente familiare molti lo prenderebbero come sinonimo di poca professionalità. Invece posso dire che è davvero un team dove ci si può sentire a casa e in famiglia in qualsiasi momento senza far mancare nulla a noi corridori. Per un team Continental gli sforzi da fare anche a livello di calendario sono sicuramente maggiori rispetto a una Professional o una World Tour ma riusciamo comunque ad essere al via delle gare più prestigiose ed è per questo che mi sento fortunato a far parte di una squadra come questa».

Cosa cambieresti nel ciclismo di oggi?
«Difficile da dire, forse la mentalità che si sta creando sempre di più nell'ambiente che tende a discriminare l'elitè rispetto all'under 23. Penso che ogni persona abbia un tempo di maturazione diverso e non si debba per forza andare a cercare a tutti i costi la prestazione estrema e spremere un ragazzo prima del dovuto».

Quale sarà il tuo obbiettivo al rientro delle gare?
«Quest'inverno mi ero allenato al massimo e avevo anticipato la preparazione per partire forte fin da subito ma la situazione è quella che è. L'unica speranza sarà quella di non aver perso troppa condizione e farsi trovare comunque competitivi per raccogliere il massimo».

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