Speriamo che ci resti questa sola traccia a vita, dell' epidemia da Coronavirus. Speriamo si mantenga intatto in noi, come fosse il sigillo di un blasone senza genealogia, noi anche a bici ferme, il suo saluto sconosciuto.
Che perseveri, in un percorso quotidiano imposto di brevi intervalli a testa bassa, da un negozio di generi alimentari alla farmacia, il volto del passante fuggitivo celato per prudenza e senza charme superflua, una sciarpa o un bavero o la mascherina in viso, la cortesia di un saluto sconosciuto. Sul marciapiede, un metro distanti.
Ci è parso miracolosamente bello, edificante, anonimamente mistico, settimana di Passione ennesima, incrociare un viandante senza riconoscerlo affatto, come se la vita altra - non questa in corso, permeata sino all'intimo dal dolore - fosse stata fino ad oggi un perenne Carnevale.
Sorridere al nostro prossimo, noi abituati semmai alla presunzione privilegiata della mascherina da chirurgo, come fosse un alter ego speculare, senza obbligo di nome e cognome, di censo o sesso, senza credenziali o padrini.
Un cenno con la testa, 'non ti abbiamo mica riconosciuto', grazie alla sanzione equa del Coronavirus, non ci sei nè amico nè nemico, tu che scivoli al fianco, nobile o plebeo e dividi con me la strada che ci porterà ad una Pasqua di Resurrezione: fedele o miscredente. E meritiamo uguali il dono non più bandito di un saluto sconosciuto. (L' avresti detto mai ?).
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