Con una lunghissima ultima tappa di oltre 250 km Omar Di Felice è riuscito a concludere l’attraversamento della Mongolia, giungendo a Ulan Bator dopo aver trascorso in sella 17 giorni e oltre 2270 km complessivi.
Uscito ufficialmente dal Deserto del Gobi a nord il 20 Marzo (in linea con il termine ufficiale dell’inverno, cosa che rende questa traversata come una prima assoluta invernale) preso atto dell’impossibilità di rientrare a casa in tempi brevi data la chiusura di tutte le destinazioni europee, e avute le rassicurazioni da parte delle autorità locali (attualmente in Mongolia non sono attive misure restrittive avendo risolto nelle scorse settimane le pochissime positività al covid-19 registrate) Omar ha quindi deciso di modificare la parte finale del percorso, allungandone il chilometraggio verso nord e rientrando direttamente a Ulan Bator pedalando, dopo aver attraversato le montagne della suggestiva regione del Khovsgol meridionale.
L’avventura, nata e sviluppatasi nella forte incertezza dovuta alla situazione in continua evoluzione, è diventata con il passare dei giorni, un meraviglioso momento di condivisione tra Omar ed i tifosi/appassionati che, seguendone i racconti sulle sue pagine social, ne condividevano le dinamiche, esternando al ciclista attraverso le migliaia di commenti e messaggi pervenuti, e dando all’impresa un forte valore simbolico e morale in un momento in cui sognare attraverso i paesaggi ed le immagini della durezza ma al tempo stesso della spettacolarità degli scenari mongoli ha offerto un momento di evasione dalla quotidianità delle restrizioni dovute al covid-19.
Non sono mancate anche durante le ultime giornate le difficoltà: a 400 km dal termine, dei forti problemi intestinali dovuti alla tipica accoglienza nei campi ger dei nomadi a base di airag (latte di cavalla fermentato, particolarmente indigesto a chi proviene da altre parti del mondo!) e di vodka locale (irrinunciabile e parte integrante dell’avventura stessa, pena non ricevere la tradizionale ospitalità!) hanno colpito Omar, mettendo a rischio la possibilità di terminare con successo l’avventura.
Ad ogni modo, con queste ultime parole, condivise da Omar sul suo profilo Facebook, si conclude una delle traversate più scenografiche e al tempo stesso difficili realizzate dall’ultracyclist. “Non so se questa avventura sia la più difficile che io potrò mai aver affrontato, probabilmente ora lo è per quel perverso meccanismo mentale per cui cercherò sempre qualcosa in grado di sovrastare la difficoltà affrontata precedentemente. Quello che ho visto, vissuto, sentito, provato, elaborato, è qualcosa che trascende dal concetto di sport. Riguarda, più in generale, la VITA. La prima invernale nel deserto del Gobi è un sogno realizzato. Ha occupato ogni singolo spazio della mia mente e del mio cuore sebbene questa volta, più che mai, fossero legate a doppio filo con l’Italia e con quel posto dove spero di poter tornare il prima possibile: Casa. L’acqua calda di una doccia leverà la stanchezza e la fatica, ma solamente dagli strati superficiali della pelle: le emozioni scorreranno nelle vene da adesso e per chissà quanto e spero presto, molto presto, di essere in grado di raccontarle nella loro interezza”.
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