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Più che un semplice segnale d’allarme, è un grido, una sirena, una campana a martello. Il doping torna ad affacciarsi nel mondo del grande ciclismo: lo scorso anno sono stati 32 di positività tra i corridori di alto livello, contro i 24 del 2017.
Un numero che va in controtendenza rispetto alle stagioni precedenti e che coinvolge tanto gli uomini quanto le donne, tanto gli specialisti della strada quanto quelli della pista.
A portare questi dati all’attenzione generale è il MPCC, il Movimento Per un Ciclismo Credibile: il ciclismo, che era scivolato al tredicesimo posto nella graduatoria degli sport più “sporchi”, in un solo anno è risalito al quinto posto.
COSI’ IL 2019. L’anno 2019 è stato caratterizzato dall’Operazione Aderlass che ha coinvolto diversi corridori e non è escluso che altri nomi possano essere rivelati prossimamente. Ma non basta questo scandalo a spiegare l’aumento di casi in un solo anno. Le spiegazioni? Da una parte un evidente ritorno al doping, dall’altra una più efficace applicazione dei controlli.
Nel mondo lo sport con più casi si conferma l’atletica leggera seguito dal sollevamento pesi, dal baseball, dal football americano e dal ciclismo.
Il Paese più “sporco” sono gli Stati Uniti, seguiti dalla Russia, dalla Repubblica Dominicana, dal Kenia e dall’Italia, con 20 casi.
CICLISMO. Cinque sono i casi riscontrati nel WolrdTour, 3 tra i ProTeams, 8 fra i Continental, 5 tra le donne e 11 altri. 24 i casi nel ciclismo su strada, 4 nel fuoristrada, 3 su pista, 1 nel bmx. Infine, 26 gli uomini positivi e 6 le donne.
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