Da Caserta a Castellania. Appia, Cassia, Aurelia, con la complicità della via Francigena, più varianti e variabili, e l’arrivo in salita. Fausto Coppi, nel 1945, ci mise sei giorni (dal 30 aprile al 5 maggio), su strade disastrate e bombardate. La carovana coppiana, pedalando nella storia e perfino nella cultura, ce ne metterà sette (dal 9 al 15 settembre), dribblando auto ed evitando camion, ma non disdegnando un passaggio su un pullmino. Quanto alle bici (e all’abbigliamento), in segno di rispetto e omaggio, nel nome della storia e della tradizione, saranno più o meno le stesse: d’epoca.
Si chiama carovana. L’origine è, addirittura, persiana. Indicava una compagnia di viaggiatori, con bestie da soma e mercanzie, attraverso zone deserte, disagevoli, pericolose, fra banditi e rapinatori. Una carovana, una colonna, una fila, una moltitudine di viandanti. E il tragitto come destino anche senza una precisa destinazione, ma sempre con l’urgenza della sopravvivenza. Coppi tornava alla vita in un’Italia lacerata, inseguendo speranze e sogni, i coppiani ripercorrono nel suo nome – a cento anni dalla nascita e a quasi sessanta dalla morte - quella strada per la libertà, per la rinascita, per la felicità. C’è anche la carovana del Far West, facile preda dei pellerossa, c’è la carovana pubblicitaria che precede il Giro e il Tour fra lanci di cappellini e spruzzi di acqua, ma questa carovana coppiana (coppista, direbbero i toscani) è più nobile.
Ci incontreremo giovedì alle 19 nella Villa Camerata di Firenze, ai piedi della collina di Fiesole. Oggi è un ostello, ieri una lunga storia: edificata nel Trecento (si racconta che vi abitassero Dante Alighieri e perfino un fantasma dopo il misterioso assassinio di una donna) o più probabilmente nel Quattrocento, restaurata, ribattezzata Villa Talpa, dal 1955 trasformata per ospitare 300 persone in camere a tre, quattro o sei letti, nel 2009 accolse i corridori del Giro d’Italia nell’edizione denominata GiroBio e gestita da Giancarlo Brocci (GiroBio e Giancarlo Brocci – non può essere, e me ne accorgo soltanto adesso, una coincidenza - hanno le stesse iniziali).
L’occasione sarà il mio “Coppi ultimo” (66thand2nd): un altro viaggio – giornalistico, storico, letterario, sentimentale – intorno al Campionissimo nel suo ultimo anno agonistico (il 1959), quando si spremeva, si sfiniva, si dava, si prodigava, si concedeva, si regalava, si immortalava, si celebrava, si moltiplicava in una giostra di appuntamenti fra corse, riunioni, impegni, incontri, progetti e ancora, sempre, viaggi. Il Coppi meno scavato, esplorato, raccontato. Il Coppi più fuggiasco, più vulnerabile, più umano. Il Coppi che preparava, silenziosamente ma sotto gli occhi di tutti, l’ultima fuga.
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