Una delle più belle sorprese del Giro d’Italia U23 è Filippo Conca. Classe 1998, di Bellano in provincia di Lecco, alla vigilia della partenza di Riccione non era inserito nel lotto dei favoriti, ma col passare delle tappe il suo nome è venuto fuori con sempre maggiore insistenza e la Marmolada lo ha ufficializzato al quinto posto finale. Nonostante i suoi 190 centimetri, che di certo non lo hanno agevolato in un percorso così esigente come quello di quest’anno, è stato uno dei pochi a provare a mettere il bastone tra le ruote agli imprendibili colombiani. In particolare, ha impressionato la sua prestazione sul Mortirolo con il quinto posto di tappa ad Aprica.
«Non mi sarei mai aspettato di chiudere così in alto in classifica, anche se in cuor mio sognavo una Top 10» ha spiegato il portacolori della Biesse Carrera. La sua solidità non è passata inosservata allo sguardo esperto di Gianni Savio, che non ha voluto perdere tempo mettendo sotto contratto lui e l’altrettanto talentuoso compagno di squadra Kevin Colleoni per la sua Androni Sidermec a partire dal 2021.
Quando hai capito che saresti potuto arrivare così in alto?
«Come squadra partivamo in sei, e quattro di noi dovevano a provare a restare nelle parti alte della classifica nelle prime tappe. Dopo la frazione delle Strade Bianche sono rimasto solo io davanti e a quel punto ho deciso di provare a testarmi fino in fondo, tenendo duro giorno dopo giorno. I colombiani però erano imprendibili, avevano un’altra marcia».
Pensi che questo Giro possa rappresentare un punto di svolta per la tua giovane carriera?
«Sicuramente sì, questo è il mio primo risultato di spicco in una corsa di spessore. Finalmente sono riuscito ad esprimere tutte le mie potenzialità. L’anno scorso stavo bene a giugno e luglio, però da agosto non ho più corso. Il caldo mi piace e quest’anno lo sta confermando».
Cos’altro ti ha lasciato questa corsa?
«Un grande stress fisico e mentale. Quest’anno ho avuto la fortuna di disputare qualche corsa coi professionisti e ho potuto notare tutta la differenza tra le due categorie. Tra i grandi si va più forte, è vero, ma almeno le corse sono lineari e controllate, fai i primi chilometri a 60 km/h e poi, una volta partita la fuga, ci si tranquillizza un po’. Con gli under 23 non succede, in particolare in questo Giro; dalla prima all’ultima curva di una tappa, dalla prima frazione all’ultima, non c’è tempo di respirare e bisogna sempre andare a tutta».
Quest’anno avevi già corso la Vuelta a San Juan e la Settimana Coppi &Bartali. Quanto ti hanno aiutato a gestire questi dieci giorni di corsa?
«Molto. Oltre agli elementi strettamente collegati ai momenti di corsa, penso che mi siano servite soprattutto nella gestione del pre e del post gara. Per esempio l’alimentazione, oppure il recupero post tappa. Lo scorso anno sono arrivato al Giro senza esperienza, mi alimentavo male e dopo cinque o sei tappe ho cominciato ad accusare febbre e dissenteria fino al ritiro».
Intanto l’Androni-Sidermec ti ha già bloccato per il 2021…
«Sì, ed è una grande soddisfazione. Li ringrazio per la fiducia riposta in me. C’erano già dei contatti durante il Giro e appena conclusa la corsa hanno voluto formalizzare il tutto. Se passo professionista devo ringraziare soprattutto il team manager della Biesse Carrera Massimo Rabbaglio e il direttore sportivo Marco Milesi».
In due anni passerete professionisti tu, Simone Ravanelli e Kevin Colleoni. Una bella soddisfazione per la tua squadra.
«Sì, la Biesse Carrera svolge un grande lavoro e questa ne è la conferma. Da due anni è Continental, pone molta attenzione ai dettagli, ma soprattutto è una squadra che non guarda solamente al risultato sportivo. Il loro obiettivo è accompagnare l’atleta nella sua crescita come corridore e come uomo».
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