Richard Carapaz si è lasciato andare in un grande pianto liberatorio. Dopo averlo visto quasi impassibile in questi giorni, focalizzato sull’obiettivo da raggiungere, l’ecuadoriano ha potuto finalmente alzare al cielo il Trofeo senza fine. Arrivato a fari quasi spenti, si è preso pian piano la ribalta, pur mantenendo un importante umiltà. «Sapevo di poter fare bene, avevo voglia di fare qualcosa che mi potesse portare nella storia. Mi ha spinto ad inseguire questo sogno – ammette nella conferenza stampa finale - Adesso finalmente potrò godermi questa vittoria, in un luogo tranquillo, con la mia famiglia e i bambini; ho bisogno di po' di armonia per assimilare tutto quello che ottenuto in questi giorni».
Inutile dire che il colpo decisivo sia arrivato a Courmayeur, quando i suoi avversari hanno commesso il fatale errore di non seguirlo subito: «Il giorno che ho vinto a Courmayeur è stato decisivo, eravamo al limite e ho preso la saggia decisione di attaccare. Avevo grandi gambe e sapevo di poter guadagnare ulteriore tempo dopo i 30 secondi guadagnati in cima alla prima salita».
Questo trionfo potrebbe cambiare la storia sportiva di un paese, che fino ad ora non aveva mai dato la giusta considerazione al ciclismo. Adesso, magari, i giovani ecuadoriani non avranno più bisogno di andare in Colombia per provare a costruirsi una carriera: «La Colombia mi ha aperto la strada per il professionismo, il mio paese non conosceva bene il ciclismo. Devo ringraziare anche la Colombia per quello che hanno fatto per me. Se incontrassi un bambino ecuadoriano gli direi di sognare ed inseguire i suoi desideri. Con costanza e perseveranza si possono raggiungere grandi risultati. Io non sono nato in mezzo all’oro, la mia prima bicicletta l’ho trovata in discarica. In Ecuador bisogna cominciare dalle scuole di ciclismo, altrimenti non c'è possibilità che escano professionisti. Bisogna formare i bambini. Non posso immaginare cosa stia provando l'Ecuador adesso e come stia festeggiando. Sono curioso di vedere come mi accoglierà».
Da domani si ritroverà in una nuova dimensione, quella dei vincitori dei Grandi Giri, pertanto le pressioni cresceranno inevitabilmente: << Per me è l'inizio di qualcosa di nuovo. Spero non sia l’ultima grande vittoria, spera sia la prima di molte. Devo continuare a sognare e puntare in alto. In futuro mi piacerebbe vincere ancora, magari la maglia gialla e, perché no, magari anche la rossa >>.
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