Quando, da bambino, prendeva i pesci con le mani e le rane con la lanterna, e un giorno salì sul treno e andò a Genova ad assaggiare il mare, perché non ci poteva credere che l’acqua fosse salata. Quando, da ragazzo, s’impadroniva della bicicletta del fratello Albino e pedalava come un forsennato infilando una gamba di traverso nel triangolo del telaio. Quando, da dilettante, alla partenza di una corsetta profetizzò “se questo riesce a portare a termine una corsa io vinco il Giro d’Italia”, e “questo” era Fausto Coppi. Quando, durante la guerra, partì per l’Africa come motociclista portaordini, e quando poi, dopo l’8 settembre, si spacciava per civile al servizio dei tedeschi e invece era in combutta con i partigiani della Val Ticino, e quando, dopo la guerra, si sposò, fece la prima comunione e una settimana dopo la cresima, curava un orto, allevava le oche, di notte sgraffignava l’erba altrui per ingrassarle, comprava e rivendeva riso e tabacco alla borsa nera. Quando ricominciò a correre, e per tutti divenne “la maglia nera”.
Fu allora che Luigi Malabrocca divenne celebre, popolare ed eterno per ribaltare la classifica, rivoluzionare l’ordine d’arrivo, realizzare il sogno di Gesù Cristo: gli ultimi saranno i primi. Così lui fu ultimo, cioè primo, al Giro d’Italia del 1946, a 4 ore, 9 minuti e 34 secondi da Gino Bartali, e ultimo, cioè primo, al Giro d’Italia del 1947, a 5 ore, 52 minuti e 20 secondi da Fausto Coppi. Finché s’imbatté in un avversario più debole, cioè più forte di lui, un muratore vicentino, Sante Carollo, che arrivò ultimo, cioè primo, al Giro d’Italia del 1949, “battendolo” addirittura di 2 ore, 19 minuti e 40 secondi. Ed è per tutto questo che al “Cinese” (il suo soprannome, per via degli occhi a mandorla) si perdonano ancora con generosità e comprensione le vittorie vere, quelle da primo e non da ultimo, come la Parigi-Nantes del 1947, come la Coppa Agostoni e la Parigi-Saint Valery del 1948, come il Giro di Croazia e Solvenia del 1949, come i campionati italiani di ciclocross nel 1951 e nel 1953.
Delle gesta di Malabrocca parlerà Claudio Gregori domani, alle 17.30, nel Museo dei Campionissimi di Novi Ligure (Alessandria), con ingresso libero. Un campione del giornalismo (fondamentali i suoi libri su Bottecchia, Ganna, Cuniolo, Merckx, Bottecchia) per un campionissimo del ciclismo (anche se al contrario: in fondo, si tratta solo di un punto di vista). Ci sarà anche Serena Malabrocca, nipote del grande Luisìn (così lo chiamavano tutti, parenti e amici, e ovviamente la moglie Ninfa, un’altra forza della natura). E magari si parlerà anche di quando “il Mala” (altro diminutivo del nostro eroe), all’ultima tappa del Giro del 1946 corse finalmente per vincere, entrò nell’Arena di Milano alla ruota del primo, Renzo Zanazzi, pronto a saltarlo, ma Zanazzi, ingannato da un addetto distratto, invece di girare a destra, girò a sinistra, poi cercò di correggere la traiettoria e finì diritto nel prato, e “il Mala” si perse dietro di lui.
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