PROFESSIONISTI | 28/04/2018 | 16:30
Alberto Bettiol arriverà a casa domani, una settimana in ritardo da Liegi, dolorante e ammaccato. I medici gli hanno vietato di prendere un volo aereo così in queste ore è costretto a tornare verso la sua Toscana in macchina, percorrendo più di 1.200 km. La fidanzata Giulia al volante fino a Monaco di Baviera dove darà il cambio alla guida al papà di Alberto, Marco, in arrivo con un fratello. Out dalle competizioni per almeno sei settimane, dovrà per forza di cose rinunciare alla partecipazione al Giro d’Italia che scatterà tra 6 giorni da Gerusalemme, per colpa delle conseguenze della caduta alla Liège-Bastogne-Liège. Il bollettino medico recita: frattura scomposta della clavicola sinistra, frattura alla costola sinistra e una lesione al polmone.
Nonostante tutto Alberto Bettiol non ha perso il sorriso e, circondato dall’affetto dei suoi cari e del suo team, ci racconta come ha trascorso questi momenti difficili. «Due giorni fa sono stato sottoposto a un intervento al polmone per aspirare l’aria presente nella pleura a causa della frattura della sesta costola sinistra. Facevo fatica a respirare perciò è stato il primo problema da risolvere. Ho provato tanto dolore, ho dovuto tenere un tubo attaccato al polmone un giorno e una notte, non lo auguro al mio peggior nemico, ma per fortuna l’intervento è andato bene. Ora devo stare attento alla costa rotta che mi fa male ogni volta che tossisco, o troviamo una buca o un dosso in strada. Ho un tutore che mi tiene ferma la spalla, settimana prossima un ortopedico mi visiterà e valuterà se la clavicola è da operare. Al momento è difficile stabilire quando potrò tornare a pedalare, i tempi della frattura alla costola sono abbastanza lunghi, un mese di stop temo non me lo toglierà nessuno…».
Le immagini tv non hanno chiarito come sia finito a terra, ma lui è in grado di ricostruire cosa è accaduto a circa 100 km dal traguardo di Liegi. «È stato un incidente stupido, non ho corso alcun rischio in discesa ma c'era qualcosa sulla strada, forse un po' di olio o ghiaia, e la mia ruota anteriore è scappata via… La tifosa a terra? Non ha niente a che fare con il mio incidente, quando stavo già contando i danni che mi ero procurato, ho visto un collega, credo della Cofidis, che in curva è andato dritto per dritto e l’ha colpita, per fortuna lui è riuscito a ripartire subito e lei credo non abbia riportato serie conseguenze. Cadute come questa sono quelle che fanno più male perché sono banali. A volte finisci in dei “monti” pazzeschi mentre si viaggia fortissimo verso una volata e non ti fai nulla, altre precipiti a terra senza neanche renderti conto e ti riduci uno straccio».
Alberto è ovviamente deluso dal fatto di perdere la corsa rosa: «Mi spiace, l’idea di correre il Giro mi aveva dato la grinta per mettere a posto una stagione finora un po’ sottotono. Sono partito tardi per alcuni problemi alla schiena di cui ho sofferto alla fine dell’anno scorso, dopo il Tour of Oman mi sono ammalato, alla Tirreno Adriatico sono andato bene ma non come volevo io, al Nord ho sempre lavorato nella prima parte di gara, ero caduto al Fiandre, insomma stava andando tutto storto, così quando mi è stato proposto di far parte della squadra del Giro ho colto al volo l'occasione. Era un obiettivo nuovo che mi stimolava, ma dalle Ardenne non sono uscito come speravo».
Prima di salutarci e proseguire il suo lungo viaggio verso casa, Alberto ci tiene a mandare un grosso ringraziamento a chi l’ha sostenuto, da vicino e da lontano. «Il team è stato pazzesco. Valerio Piva, che vive vicino a Maastricht, si è subito attivato insieme al dottor Michel Cerfontaine, il dottor Max Testa dall’America non mi ha mai perso d’occhio e lo staff mi ha sorpreso da quanto si è preso cura di me. Lunedì sera un massaggiatore si è sparato 3 ore di macchina per andare a prendere Giulia all’aeroporto di Anversa, l’autista del pullman è venuto a trovarmi tre volte. E poi ho ricevuto davvero una marea di messaggi, neanche fosse il giorno del mio compleanno (sorride, ndr). Non mi aspettavo tutto questo affetto. Ringrazio tutti. Non mi sono mai sentito solo. Ora ho il dovere di pensare positivo e di guardare avanti. Cercherò di recuperare e tornare il prima possibile».
Giulia De Maio
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