BRESCIANI, LA FINE DI UN INCUBO

PROFESSIONISTI | 16/12/2017 | 18:17
Michael Bresciani ha finalmente ricevuto la tanto attesa comunicazione dell’UCI con cui si chiudono gli accertamenti sulla possibile violazione del regolamento anti-doping notificata il 31 luglio.
L’UCI ha, di fatto, sollevato Bresciani da qualsiasi responsabilità di volontaria assunzione della sostanza specifica Fuorosemide, riconoscendo al corridore una sospensione (peraltro già scontata) di soli due mesi per negligenza in assenza di colpa significativa.

Sono molto soddisfatto che l’UCI abbia compreso e accettato ogni mia spiegazione su come la sostanza potesse essere finita nel mio corpo. Sono altrettanto felice perchè è stata riconosciuta la mia onestà” ha affermato Bresciani. “Ero certo di non aver fatto nulla con dolo, ma nonostante questo ho vissuto mesi molto difficili e lo stesso ha passato la mia famiglia. Mia madre, purtroppo già molto provata dalla malattia, era distrutta dal senso di colpa. Questa è la fine di un incubo. Posso finalmente mettermi tutto alle spalle e concentrarmi solo sulla bicicletta e la stagione che sta per cominciare”.

La vicenda che ha coinvolto Bresciani ha portato con sè un notevole danno d’immagine per il ragazzo che ora, come spiega il suo legale Avvocato Filippo Martini, può ora essere pubblicamente riabilitata.
Il testo Acceptance of Consequences, sottoposto dall’UCI e firmato da Michael a chiusura della vicenda, fa riferimento a due precisi articoli del codice antidoping, molto importanti per comprendere appieno la sua piena innocenza. Il 10.2.2, che indica la sospensione di due anni per il tipo di sostanza individuata in quantitativo del tutto minimale, Furosemide di categoria S5, non classificata come dopante ma diuretica, proprio come il principio attivo delle medicine che la madre di Michael assume per curare la propria malattia e che, evidentemente, hanno involontariamente contaminato cibi o utensili da cucina. L’articolo 10.5.1.1, che prevede la possibilità di ridurre la sanzione dal mero richiamo al massimo di due anni, nel caso in cui sia accertata l’assenza di negligenza o di colpa significativa non solo in capo all’atleta ma anche in capo a terzi”.

“In sostanza, è corretto affermare che in un range da zero a due anni, la sospensione di due mesi inflitta a Michael, peraltro autosospeso dall’11 agosto, sia la misura minima prevedibile, ossia la prova provata e il riconoscimento che è assolutamente non colpevole di quanto accaduto” ha concluso Martini.
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