Caro Direttore, il ripetersi, pressochè quotidiano, di sinistri stradali che vedono come vittime i Ciclisti, senza distinzione alcuna tra agonisti e semplici fruitori quotidiani della bicicletta, non può passare sottotraccia. E' uno stillicidio che, eufemisticamente, definisco irritante e al contempo angosciante.
C'è davvero da chiedersi: di questo passo, dove andremo a finire? in altre parole, dove si potrà mai pedalare senza correre il rischio di subire danni, di essere storpiati o, in estrema ma non infrequente ipotesi, accoppati?
E cosa mai può farsi, ancora o ulteriormente, affinchè il termine SICUREZZA non sia solo una parola con cui riempirsi la bocca, dandovi inutilmente fiato, ma una sorta di barriera difensiva da rispettarsi e non valicarsi, a pena di effettive conseguenze sanzionatorie?
Francamente, non foss'altro che per esperienza professionale, so perfettamente che nel nostro ordinamento giuridico, che già enumera compiutamente fattispecie costituenti illeciti o reati, con precetti e prescrizioni ben chiari e altrettanto specifiche e precise sanzioni, essere dalla parte del "cattivo" è sempre meglio che trovarsi a sostenere le ragioni di chi subisce. Per chi ha conoscenza dell'«ambiente» giudiziario, non sto sproloquiando ma solo rappresentando quella che è la cruda realtà. Se lo si volesse (e non lo auguro a nessuno)... provare per credere. Peraltro, occorre pur agire secondo i dettami della legge. Non mi risulta, ancora, che vi sia spazio per la "giustizia fai da te", o per analoghe risoluzioni da Far West.
Stando così le cose, rammento a me stesso che l'Articolo 6 del vigente Satuto Federale, recante "L'ATTIVITA' SPORTIVA DEL CICLISMO" , al punto 1 testualmente dispone: " La FCI riconosce e tutela il diritto alla libera prestazione delle attività sportive", ovvero delle attività ciclistiche poi specificate al punto 2.
Il concetto di "TUTELA" è oltremodo ampio, ma reputo che si potrebbe stare almeno... a ruota del C.O.N.I. nelle iniziative poste concretamente in atto per fronteggiare quella che si è sempre definita una "piaga" dello Sport, e - a torto o a ragione - soprattutto del Ciclismo: il DOPING. Visto l'andazzo, non esiterei a definire la "SICUREZZA" come nuova, e sempre più infetta, piaga che affligge l'esercizio della bicicletta, in garantita libertà e in pieno diritto.
E' fatto notorio che il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in aderenza agli scopi statutariamente sanciti e a generale tutela dello Sport, propende a costituirsi Parte Civile in tutti quei procedimenti penali che, in maniera rilevante, vedono sottoposte al vaglio dell'A.G. fattispecie di doping. Dunque, il C.O.N.I. viene ad affiancare la Pubblica Accusa nel sostenere, e dimostrare in giudizio, che delle condotte, attive od omissive, abbiano costituito violazioni della normativa, sia ordinaria-penale che codiddetto antidoping. Così che... chi ha sbagliato paghi.
La si prenda come una semplice proposta operativa: sarebbe poi così male che la F.C.I., laddove siano stati pregiudicati i richiamati diritti ad una "...libera prestazione..." dell'attività ciclistica, e lesi - o addirittura colposamente "ammazzati" - coloro che la esercitano praticandola sulla strada, si costituisse Parte Civile a tutela del Ciclismo?
Cordialmente. Fiorenzo Alessi
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