Eloro spalmano, gli acrobati del profitti&perdite. È normale: come maturità e saggezza sono rimasti alla fase infantile della nutella, spalmare consola la loro libido e placa le loro pulsioni. Così, anche per i monumentali debiti delle loro società hanno adottato lo stesso criterio: li spalmeranno sui bilanci dei prossimi dieci anni. Via, ci voleva poi tanto?
Fallimenti, bancarotte, pagamenti inevasi: non è un problema. Quattro belle telefonate agli amici ultras che siedono in Parlamento ed ecco la legge illuminata che salva il calcio dal disastro. Ancora una volta, trionfa il teorema tutto italiano che ci sta coprendo di ridicolo in giro per il mondo: non è necessario cambiare gli uomini, basta cambiare le regole.
A quale livello di spudoratezza possa spingersi la dirigenza del calcio nessuno specialista, finanziario e psichiatrico, può realisticamente dire. Si pensava che fosse già un bel record il blitz dei passaporti, con un sacco di giocatori truffatori e abusivi tranquillamente regolarizzati dalla sera alla mattina, sempre con la saggia regola di cambiare le regole, e pazienza se bisogna cambiarle nel bel mezzo del campionato (ricordiamolo: la Juve perse lo scudetto grazie a un gol di Nakata, che soltanto la domenica precedente non poteva giocare nella Roma). Davvero, già questo sembrava un equilibrismo d’alta scuola. Ma in fondo era solo una sgambata. Sembrava ancora meglio il famoso trucco delle plusvalenze, eppure anche questo non era ancora nulla. Riconosciamolo: l’invenzione dei debiti spalmati è veramente la migliore. Alla luce di quest’ultimo colpo (con scasso), tutto il passato sfuma decisamente in una zona d’ombra. Questa, in modo categorico e definitivo, è la sublimazione della regola numero uno, che apre - senza essere scritta - lo statuto della Lega calcio: non è necessario cambiare gli uomini, basta cambiare le regole.
Davanti a tanta disinvoltura, davvero meritano un minuto di raccoglimento e qualche scusa gli unici poveracci che ci hanno rimesso le piume, cioè i Cecchi Gori e i Cragnotti, che in definitiva hanno pagato la colpa di non aver resistito ancora qualche settimana, giusto il tempo per aggrapparsi al salvagente dei nuovi benefici. Un peccato. Ancora un paio di aggiustamenti, e Vittorione ne sarebbe uscito da genio del bilancio, con la Fiorentina additata a modello di buona amministrazione.
Mentre tutto questo succede nel calcio, il ciclismo saluta la dipartita di due squadre italiane, l’Index e l’Amore&Vita, ributtate a mare dall’Uci per mancanza dei requisiti contabili. Nel contempo, brilla per rigore dei conti e dei pagamenti praticamente l’intero arco costituzionale delle nostre squadre, partendo dalle più piccole come Selle Italia e Formaggi Fiavè, per arrivare alle varie Fassa Bortolo, Saeco, Lampre, Alessio, fulgidi esempi di come l’azienda ciclismo avrà pure le sue belle piaghe farmacologiche, ma in quanto a serietà di gestione non ha nulla da imparare da nessuno. Tanto meno dai celebrati manager del calcio. Senza voler sempre fare del campanilismo sciocco, il confronto è spontaneo e immediato. Con un dilemma pesante e impegnativo: meglio vivere in un ambiente che non conosce più etica e rigore, se non nell’area di porta, che cambia le regole in modo spudorato e inquietante, oppure è meglio frequentare un ambiente che - lentamente e faticosamente - cerca comunque di recuperare la certezza del diritto, nonchè una più generale serietà?
Senza esitazioni, personalmente scelgo la risposta numero due. Anche se so benissimo di risultare vagamente patetico. La storia d’Italia è qui ad insegnarcelo: chi delinque - se lo fa con metodo e perseveranza - alla fine vede premiati i suoi sforzi. Un condono non si è mai negato a nessuno.
Cristiano Gatti, bergamasco, inviato de “Il Giornale”
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