Gatti & Misfatti
Il frigorifero

di Cristiano Gatti

Una cosa ormai mi è chiara, dopo tutti questi anni di ciclismo: per correre servono la bicicletta, l’abbigliamento adeguato, un certo fisico, ma prima ancora di tutto questo serve un buon frigorifero.

Se rileggiamo la storia recente, questo elettrodomestico è al centro di tantissime vicende a tutti i livelli. Là dove una famiglia normale tiene spinaci e uova, spumante e latte, carne e formaggio grana, le famiglie dei ciclisti tengono sacche di sangue, fiale magiche, beveroni miracolosi. Ogni volta che un agente entra in casa e procede alla perquisizione, dal frigorifero salta fuori il corredino del­la speranza. La moglie, la convivente, la sorella, la mam­ma, in altre parole la re­gina di casa, regolarmente fi­nisce per rivelarsi la fedele sa­cerdotessa messa a custodia dei segreti e delle pozioni. Non a caso, si dice che un grande campione deve sempre avere vicino una grande don­na. E ti credo. Non è uno scherzo gestire certi frigoriferi.

Ovviamente, il copione di tutte queste storie prevede sempre lo stesso epilogo: quando l’agente, tra avanzi di bresaola e filetti di sogliola, rinviene l’ar­ma­mentario chimico, l’atleta pronuncia sempre la stessa frase, “ho fatto tutto io, lei non sapeva niente”. E come no. Via, è logico e plausibile: s’è mai vista una donna di ca­sa che apra il frigorifero?

La centralità del frigorifero nel ciclismo è confermata poi con tutta una serie di pratiche varianti. Pen­so a quanto fatturato, a quante fortune, a quanta gratitudine debba a questo ambiente la “Giò Style”, storica produttrice di frigoriferini portatili. Quante volte, in perquisizioni e retate fuoriporta, lungo i percorsi delle gare, il simpatico prodottino da campeggio è finito al centro della scena. Sta nei bagagliai delle ammiraglie, nei gavoni dei camper, negli armadi degli alberghi. Sì, c’è sempre un frigorifero a decidere la storia del ciclismo. Il frigorifero conta più della bicicletta.

Inutile dire che il pensiero va inevitabilmente all’ultimo caso, ormai famosissimo: il frigorifero di casa Ric­cò. A me piacerebbe intervistarlo: non il corridore, dico proprio il frigorifero. Quante deve averne viste, povero diavolo. Mettiamoci nei suoi pan­ni: non è facile conservare sacche di sangue per 25 giorni. Poi addirittura finisce che il padrone di casa quasi ci lascia la pelle e magari la col­pa è del frigorifero, che ha la­vorato male. Sono responsabilità.

Per fortuna, anche stavolta c’è un lieto fine. Magari non lietissimo, comunque il migliore possibile: l’incosciente ha salvato la vita. E tutto il resto non con­ta. Lodevolmente, seguendo la sua linea editoriale, che si ostina a osservare e possibilmente a capire, tuttoBICI propone in questo numero le idee e i commenti di tanti va­lorosi colleghi. Io, arrivando per ultimo, non posso trovare parole molto originali. Mi li­mito a dire questo: spero che Riccò non avvicini mai più una corsa ciclistica. Per il be­ne del ciclismo, ma forse più per il suo. Anche se tutti continuano misteriosamente a di­pingerlo come un ragazzino un po’ naif, in piena età dello sviluppo, io lo vedo per quello che è: uomo di 27 anni, padre di famiglia. E se un uomo di 27 anni, padre di famiglia, an­cora riesce a combinare si­mili disastri, significa che dav­vero ha bisogno d’altro. Io gli auguro di trovare un buon impiego in agricoltura, settore che aiuta molto a chiarire pa­recchie cose. Ma soprattutto gli auguro di trovare un buon prete, un bravo psichiatra, un amico saggio, cioè qualcuno che lo convinca davvero di un fatto semplicissimo: nella vita non è necessario essere primi. E comunque è ben triste essere primi in un certo modo. Mol­to meglio accettare dignitosamente di essere bravi ultimi.

Naturalmente non ho al­cuna certezza che il sog­getto prenderà proprio questa strada precisa, di ri­scatto e riqualificazione. Se dovessi scommettere un cent, lo punterei su un altro sviluppo. Più o meno questo: tra non molto sarà di nuovo in pi­sta a esigere scuse, a stilare libri neri, a regolare conti. E giurerei che prima o poi qualcuno lo arruolerà come “guest star”, adeguatamente retribuita, nel bel mondo delle gran fondo. E la lezione del blocco renale, della terapia intensiva, della vita ripresa per i ca­pelli? Finirà mestamente an­ch’essa dove Riccò conserva tutti i segreti migliori dell’esistenza: in frigorifero, e dove se no.
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