Roberto Reverberi: «Un Giro per crescere»

di Carlo Malvestio

In questi primi mesi della stagione 2023 Bruno e Roberto Rever­beri hanno potuto ammirare i pri­mi risultati del loro progetto giovani avviato l’anno scorso. Ales­sio Martinelli, Giulio Pel­lizzari e Alessandro Pinarello hanno lottato spalla a spalla con le squadre di svi­luppo dei team WorldTour, la Jum­bo-Visma in particolare, tra Trofeo Pi­va, Giro del Belvedere e Palio del Re­cioto, portando a casa una collezione di podi particolarmente incoraggiante. Il marchigiano Pellizzari, classe 2003, ha poi sfiorato un incredibile successo di tappa al Tour of the Alps, chiudendo terzo a Predazzo al termine di una fuga all’interno della quale aveva dimostrato di essere il più forte in salita.
All’imminente Giro d’Italia, però, ci andrà la “vecchia” guardia, se così si può definire, visto che il corridore più vecchio è Alessandro Tonelli, che ha 30 anni. Con il general manager della Green Project-Bardiani CSF-Fai­zanè Roberto Reverberi abbiamo fatto il punto su tutti questi aspetti.
Roberto, negli occhi abbiamo tutti la grande prestazione di Pellizzari al Tour of the Alps.
«Era andato forte anche al Recioto, ma il TotA è un altro pianeta, con avversari ben diversi. Giulio ha buone qualità e grandi margini di miglioramento, an­che se comunque deve imparare ancora tanto, senza la fretta di avere tutto su­bito. Portarlo al TotA è stato un esperimento, visto che sulle grandi salite ha buone prospettive. Da qui in avanti, però, farà solo il calendario U23, con il Giro U23 come grande obiettivo e poi qualche appuntamento con la Na­zio­nale. Stiamo collaborando con Marino Amadori, come si è visto con Mar­ti­nel­li e Pinarello convocati per la Liegi-Ba­stogne-Liegi. Stiamo cercando di tenere in Italia questi ragazzi e non farli scappare nel WorldTour, passaggio che ritengo deleterio per questi ragazzi così giovani».
Come mai?
«Non lo dico per interesse personale, ma penso sia assolutamente sbagliato che un ragazzo di 19-20 anni vada im­me­diatamente nella massima categoria. Devono prima crescere, hanno la dimostrazione davanti agli occhi di corridori come Modolo, Colbrelli, Poz­zovivo, Brambilla, Battaglin, tutti cresciuti con noi e poi autori di una buonissima carriera. Se uno va subito nel WorldTour si ritrova a fare il gregario, perché le squadre, a meno che non sei un fenomeno, valorizzano prima il corridore della loro Nazione. Ed è normale che sia così. Per questo credo sia giusto che facciano 2-3-4 anni in una squadra come la nostra prima di emigrare».
Lo scouting si è quindi spostato sulla ca­tegoria juniores.
«Prima di prenderli facciamo tutti i test necessari per capire il tipo di motore del ragazzo. Se ad un buon talento ag­giungi anche la testa e la mentalità giusta, allora ti puoi ritrovare davanti a un bel corridore. Ab­bia­mo dovuto spostare il nostro mirino sulla categoria juniores per evitare che questi ragazzi scappassero via verso le squadre di sviluppo delle WorldTour. Sono legalmente professionisti, hanno la tranquillità di un salario, dei contributi eccetera, e in più hanno la possibilità di correre da capitani alcune corse. Noi non li fermiamo, li lasciamo provare, non possiamo tarpare loro le ali a 19 anni, e quando sarà il momento faranno il salto. Per andare a fare il gregario puoi anche aspettare di avere 25 o 26 anni, come fece, ad esempio, Daniel Oss».
Da quest’anno il modo di lavorare in Green Project-Bardiani CSF-Faizanè è cambiato.
«Sì, da quest’anno abbiamo uno staff medico che segue i ragazzi dalla A alla Z. Non abbiamo nulla da invidiare a squadre più attrezzate. Non c’è un preparatore interno, ogni corridore si affida al suo, mentre noi abbiamo un su­pervisore che tiene tutto sotto controllo e che si relaziona con tutti. Poi ci sono un medico, un altro specializzato sui test, un nutrizionista e varie altre figure. È un passo che dovevamo fare e lo abbiamo fatto quest’anno, adeguandoci ai metodi di lavoro degli squadroni. Così prepariamo i ragazzi anche da questo punto di vista ad un possibile sal­to futuro nel WorldTour».
Adesso, però, è il momento del Giro d’I­ta­lia. Siete pronti?
«La squadra è fatta, avevamo un dubbio solo su un nome ma dopo il Tour of the Alps lo abbiamo risolto».
Su chi riponete le più grandi aspettative?
«L’uomo veloce sarà Filippo Fio­relli. Non ci saranno mol­ti arrivi in volata e anche quelle tappe avranno co­munque un dislivello dai 1500 metri in su. Nella prima parte di Giro il suo compito sarà provare a buttarsi in volata, mentre nella seconda parte avrà anche carta bianca per andare in fuga. Tutti gli altri saranno chiamati a centrare le fughe che hanno possibilità di successo, continuando sulla falsa riga dell’anno scorso, ovvero evitare gli attacchi da lontano senza speranza, so­lo per mostrare la maglia. C’è però una curiosità che vogliamo to­glierci».
Quale?
«Luca Covili. Partiremo con l’obiettivo di tenerlo il più in alto possibile in classifica generale. Sta crescendo mese do­po me­se, ogni anno aggiunge qualcosa al suo motore e ora sta andando molto bene. L’anno scorso ha chiuso 24°, quest’anno proviamo ad entrare nei 15, anche cercando di sfruttare qualche fuga da lontano. Sen­za stress però, se arriva bene, altrimenti non sa­rà un problema. Ma penso sia giusto che provi a testarsi anche da questo punto di vista».
Il corridore che più si è messo in mostra quest’anno è probabilmente Samuele Zoccarato, sempre all’attacco.
«L’anno scorso purtroppo lo abbiamo perso dopo pochissime tappe. È un corridore con un motore incredibile, ma deve ancora imparare ad usare al meglio la testa, capire quando spremersi e quando no. Più la tappa è lun­ga e dura più lui si trova a suo agio».
Come si vince una tappa al Giro?
«Bisogna saper cogliere l’attimo, come era riuscito a fare l’anno scorso Gab­buro, che ci è andato vicinissimo. Nel 2022 abbiamo fatto il Giro praticamente con soli 3 corridori - To­nelli, Covili e Gabburo - perché Zoccarato e Fiorelli si sono ritirati subito e gli altri non sono riusciti a performare. Quest’anno abbiamo diverse pe­di­ne da giocare e, con un po’ di fortuna, ma­gari possiamo anche sperare di co­gliere il bersaglio grosso di una tappa. Ogni anno che passa è sempre più difficile, ma spesso nei Grandi Giri c’è più spazio che in corse più brevi come il TotA, perché in gruppo c’è un po’ più tatticismo e in alcune tappe soffri all’inizio per entrare nel gruppo di 15/20 corridori ma, una volta dentro, poi te la puoi giocare. Devono allinearsi diversi elementi, ma come sempre non ci tireremo indietro».

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