di Carlo Malvestio
La stagione ciclistica non è ancora cominciata, ma manager e direttori sportivi delle varie squadre sono già a tutta in vista dei primi appuntamenti di fine mese. Non fa eccezione il Team Jayco AlUla, la versione rinnovata della BikeExchange con il passo in avanti dello sponsor saudita, che avrà subito uno degli appuntamenti più sentiti della stagione, il Tour Down Under (15-17 gennaio quello femminile, 17-22 quello maschile) sulle strade di casa. La corsa australiana sarà il primo step di una stagione in cui la squadra diretta da Brent Copeland spera di alzare l’asticella rispetto al 2022, non tanto in termini di numero vittorie, quanto nel peso - in termini di punteggio del ranking - di queste.
Brent Copeland, che periodo è per un General Manager quello delle festività?
«È un periodo che mi piace, nel quale c’è da organizzare la stagione, bisogna programmare le varie trasferte. Il momento più stressante è invece quello in cui bisogna presentare tutti i vari documenti all’UCI per la richiesta della licenza. Ora che l’abbiamo ottenuta per i prossimi tre anni, possiamo concentrarci esclusivamente sulla stagione alle porte. C’è subito una trasferta impegnativa in Australia».
È di pochi giorni fa la notizia dell’ingresso di AlUla come vostro nuovo name sponsor.
«Era partner dal 2021 e siamo loro grati per aver fatto questo passo in avanti, per noi è un orgoglio avere il loro supporto per i prossimi tre anni. Abbiamo avuto il grande piacere di visitare AlUla a febbraio per il Saudi Tour, e siamo rimasti stupefatti dallo spettacolo offerto. Nel 2023, man mano che svilupperemo la nostra partnership, avremo un camp ciclistico ad AlUla per incoraggiare la comunità locale a impegnarsi con questo sport, per ispirare le nuove generazioni a uno stile di vita attivo e per aiutarli a sognare di diventare i campioni del futuro».
Partite in casa con il Tour Down Under. Subito ambizioni importanti?
«Sì, il nostro proprietario Gerry Ryan ci tiene molto, porta avanti la squadra da 11 anni e negli ultimi due a causa del covid non siamo potuti andare in Australia. Ha una passione sconfinata per questo sport, l’anno scorso è venuto con tutta la famiglia a Giro e Tour; quindi, vogliamo onorare al meglio la corsa di casa, portando una squadra forte per andare alla ricerca del miglior risultato possibile (dovrebbero esserci Simon Yates e Michael Matthews, ndr). E poi cominciare la stagione con il piede giusto darebbe forza e morale a tutta la squadra».
Contenti di ciò che ha portato il mercato?
«Sono soddisfatto, abbiamo lavorato molto bene con Matthew White, Marco Pinotti, Marc Quod e Gerry Ryan nell’allestimento dei nuovi roster. C’è un bel mix di giovani, alcuni neoprofessionisti, e altri più esperti, come i nuovi acquisti Zdenek Stybar, Alessandro De Marchi e Lukas Pöstlberger. Ma il lavoro più stimolante è quello che andrà fatto coi giovani, per capire quali siano i loro margini di miglioramento. I segnali avuti nel ritiro di dicembre in Spagna, comunque, sono più che positivi, sia sul lato maschile che femminile».
C’è stato un ricambio generazione per quanto riguarda gli atleti australiani.
«Abbiamo sempre una forte anima australiana, la nostra collaborazione con la federazione nazionale è continua, e ci sono comunque nove atleti australiani. Sì, è vero, qualche volto più storico è andato via (Damien Howson, Alex Edmondson, Nick Schultz e Cameron Meyer che si è ritirato, ndr), ma semplicemente perché credo sia nel corso naturale delle cose voler provare nuove esperienze. Credo sia una cosa che possa far bene a loro e a noi. In compenso sono arrivati dei giovani come Blake Quick e Rudy Porter, più un corridore esperto come Chris Harper».
Simon Yates, Dylan Groenewegen e Michael Matthews rimangono gli uomini di riferimento?
«Rimangono loro i tre pilastri, ma ci sono tanti corridori dai quali ci attendiamo qualcosa di buono, compresi i nuovi acquisti Eddie Dunbar e Filippo Zana, ma anche Lucas Hamilton, che è stato travolto da grossi problemi fisici quest’anno, e Matteo Sobrero».
Si parla di Yates al Tour de France. Può confermare?
«Confermo. Abbiamo valutato i percorsi e, visti i pochi chilometri a cronometro e la cronoscalata, abbiamo pensato che quest’anno Yates dovrebbe provare a confrontarsi col Tour de France. Lui, si sa, ama il Giro d’Italia, ma penso sia giusto che nel 2023 si concentri sulla Grande Boucle. La concorrenza è altissima, emergere è molto difficile ma, se Simon è al top, con questo percorso ritengo possa puntare anche al podio. Se va meglio con il caldo o con il freddo? Non ha grosse preferenze da questo punto di vista, al Giro due anni fa ha sofferto il freddo sulle Dolomiti, ma è capitato anche che andasse in difficoltà per il caldo in Sicilia. Dipende molto dalla situazione, ma la speranza è ovviamente che non debba fare più i conti con questi problemi».
Vedremo Eddie Dunbar capitano al Giro?
«In Italia porteremo una squadra un po’ sperimentale, in cui testeremo i nostri ragazzi. Riteniamo che Dunbar possa essere un corridore in grado di fare classifica in un Grande Giro, magari non già quest’anno, ma ci crediamo molto. Con lui ci sarà Filippo Zana, partiranno senza obiettivi specifici e giorno dopo giorno capiranno quale potrà essere la loro dimensione nelle tre settimane».
Anche Groenewegen e Matthews saranno al Tour?
«Sì, Dylan avrà un calendario simile a quello del 2022, con il Tour come obiettivo specifico. Abbiamo rinforzato il suo treno, siamo contenti del gruppo che siamo riusciti a creare attorno a lui, così come quello creato attorno a Matthews. I due si troveranno al Tour e Michael, come fatto anche nell’ultima edizione, è pronto a mettersi a disposizione per le volate a ranghi compatti. Nelle tappe più movimentate, invece, avrà carta bianca per provare a portarsi a casa una frazione».
Prima però sarà tempo di classiche…
«Sul lato classiche del nord sappiamo di essere un po’ scoperti, ma d’altronde non è facile riuscire ad essere competitivi in tutti i settori. Per Matthews è difficile tenere un picco di forma che va dalla Milano-Sanremo alla Liegi-Bastogne-Liegi, per quanto sia un corridore in grado di andare forte in qualunque tipo di percorso, quindi sappiamo già che, soprattutto nelle classiche del pavè come Giro delle Fiandre e Parigi-Roubaix, dovremo provare ad inventarci qualcosa. L’esperienza di Stybar, Juul-Jensen e Durbridge sarà molto utile a questo proposito, ma dobbiamo essere realisti e sapere che non saremo la squadra di riferimento».
Capitolo italiani: cosa vi aspettate dagli azzurri?
«Vorremo vedere più spesso Kevin Colleoni nella versione che ci ha mostrato al Sazka Tour (dove ha chiuso 3°, ndr): le qualità le ha e crediamo molto in lui. Per quanto riguarda Matteo Sobrero dobbiamo ancora definire nel dettaglio il suo calendario, ma sembra crescere mese dopo mese e siamo convinti possa provare a fare qualcosa di buono anche nelle corse a tappe di una settimana. Zana, come detto, sarà al Giro d’Italia: nel primo raduno in Spagna stava bene e siamo sicuri che ci darà soddisfazioni. Alessandro De Marchi, invece, abbiamo imparato a conoscerlo durante il ritiro, è un professionista a 360°, si è subito integrato bene con tutti, ci ha fatto una splendida impressione e penso che calzi a pennello con la filosofia della nostra squadra».
Qualche ricambio c’è stato anche nella formazione femminile.
«Abbiamo creato una squadra un po’ diversa dagli anni passati. C’è anche una scommessa come Georgie Howe, che arriva dal canottaggio, ma l’atleta di punta sarà ancora Kristen Faulkner, che sta crescendo anno dopo anno e vuole dare continuità all’ottima stagione passata. Con un gruppo giovane abbiamo fatto bene, quest’anno possiamo fare ancora meglio».
Ed è arrivata Letizia Paternoster…
«Ho visto Letizia super motivata, in Spagna si è allenata molto bene, speriamo che per lei possa essere un anno un po’ più fortunato rispetto agli ultimi. Secondo me farà un’ottima stagione».
Quanto è difficile competere contro formazioni con un budget che è quasi il doppio del vostro?
«Certo non è semplice, ma se prendiamo in esame la stagione scorsa non si può dire che abbiamo fatto male, visto che parliamo di 22 vittorie con la squadra maschile, quasi tutte di ottima qualità, e 13 con le donne. Abbiamo vinto tappe in tutti e tre i Grandi Giri, tra l’sltro con un doppio successo a cronometro con due corridori diversi al Giro d’Italia, a conferma di quanto bene stia lavorando Pinotti. Ciò che è mancato è stato un buon piazzamento nella classifica generale di una corsa di tre settimane, con Yates che purtroppo si è dovuto ritirare dal Giro dopo il colpo al ginocchio, e la vittoria di una classica importante».
Quindi sareste contenti di ripetere i risultati del 2022 con l’aggiunta di un podio in un GT o in una Monumento?
«Direi di sì. Se uno guarda i risultati del 2022 pensa “questa squadra è fortissima”, ma poi nel ranking eravamo messi malissimo, siamo arrivati addirittura penultimi. Questo perché - al di là del fatto che sono d’accordo con chi dice che le vittorie nelle grandi corse dovrebbero valere più punti - alla nostra squadra mancano i successi o i podi nelle classifiche finali dei Grandi Giri e delle classiche monumento, che alla fine ti permettono di inserirti tra la sesta e la decima posizione del WorldTour, che è dove puntiamo ad essere. Detto ciò, se guardiamo alle stagioni 2020 e 2021, siamo in netta crescita. Un trend che vogliamo ulteriormente migliorare nel 2023».