di Pier Augusto Stagi
È stato un Giro che ha rimesso a posto alcune cose, con persone che erano largamente in debito con la fortuna. È stato un Giro giusto, che ha sistemato diverse situazioni e ha dato indietro quello che aveva tolto in malo modo in più di un’occasione, ad almeno tre corridori di casa nostra.
Alessandro De Marchi, il “rosso di Buja” che si è tinto di rosa per due giorni, anche se poi ha dovuto fare nuovamente i conti con la Dea Bendata, che ha scelto di voltarsi dall’altra parte. Giacomo Nizzolo, che dopo 11 secondi posti e 5 terzi, finalmente ha rotto il tabù con le vittorie di tappa al Giro centrando l’obiettivo in casa di Elia Viviani a Verona.
Il giorno prima, però, a Bagno di Romagna anche Andrea Vendrame veniva ripagato dalla buona sorte, vincendo per manifesta superiorità una tappa che solo due anni prima gli era sfuggita nel finale per doppio salto di catena.
Quella di Bagno di Romagna, per Andrea Vendrame è stata la terza vittoria in carriera. La più luminescente era una piccola grande classica bretone, la Tro-Bro Leon, che i francesi hanno ribattezzato con non poca enfasi la Piccola Roubaix. Corsa tosta e affascinante, non del “pavé”, ma del “ribinou”, degli sterrati, ma anche la corsa che dona al vincitore un maialino che Andrea, però, fu costretto a lasciare lì.
«Il maialino mi è davvero restato qui. Ci tenevo un sacco ad averlo, ma gli organizzatori lo danno solo a chi è bretone», mi raccontò.
Allora era un giovane italiano che correva in una formazione nazionale (l’Androni Giocattoli Sidermec, ndr) e vinceva in Francia. Ora è un italiano che gareggia per una delle squadre più attrezzate di Francia, la Ag2R Citroën e con questa maglia realizzata da un marchio di casa nostra (il maglificio Rosti dei fratelli Alborghetti, ndr) si porta a casa una tappa dopo 151 chilometri di attacchi e fughe.
«Sono un rivoluzionario, già vedere un italiano che corre in Francia non è usuale e la cosa mi piace un sacco - dice -. Come ho festeggiato? Chiaramente con del buonissimo Prosecco. Credetemi, anche i francesi l’hanno apprezzato parecchio: altro che champagne… ».
Vendrame quel giorno, con il numero 17 sulla schiena (il 5 è il numero preferito, con questo vinse da dilettante il Belvedere, e anche la prima corsa da professionista, la settima tappa del Tour de Bretagne, a Fougères, ndr) è il più veloce della dozzina di fuggitivi. Sul passo del Carnaio attacca e porta via l’australiano Hamilton, il neozelandese Bennett e Brambilla. E riparte di nuovo con Hamilton ai 2300 metri, per batterlo nettamente in volata.
«La vittoria va cercata, la volevo a tutti i costi», dice con orgoglio. Una vittoria che lo ripaga di tante cose, tutte molto difficili da affrontare. Ottimo dilettante, corre con la Zalf-Fior quando nel 2016 è protagonista di un grave incidente in allenamento. È il 7 aprile - ci aveva raccontato questo ragazzo mite, supertifoso della Juventus e amante della musica da discoteca -: la data Andrea la ricorda molto bene, anche perché è il giorno dell’incidente e della sua trasformazione. Quel maledetto impatto con la macchina che lo porta a sfondare con il volto il vetro laterale della vettura.
«Solo due giorni prima stavo guardando per l’ennesima volta Batman, uno dei film e dei personaggi che più amo - ci aveva spiega Andrea -. Sono sempre stato attratto da questo personaggio nato nel lontano 1939 dalla fantasia di Bob Kane e Bill Finger. Batman e Joker, il bene e il male. L’eroe e l’anti-eroe: due rappresentazioni diverse di elaborazioni psicologiche di traumi infantili. Bene, il 5 aprile del 2016 corro il Memorial Tortoli, classica per Under 23 e due giorni dopo mi ritrovo gambe per aria, con il volto tumefatto dall’impatto. Provo dentro di me un sentimento di rabbia, rancore e sgomento. Mi guardo allo specchio e mi rivedo Joker. Nutro rabbia perché ogni giorno e sempre di più io e i miei colleghi rischiamo la vita per svolgere il nostro lavoro. Ci vuole più rispetto e attenzione - dice oggi con più forza di ieri -. È necessario fare qualcosa per fermare questa mattanza».
Da qui nasce il soprannome Joker, che tuttoBICI gli dà con una copertina nel febbraio di un anno fa, poco prima del Lockdown. Lo ricordiamo terzo all’Europeo under 23 nel 2016, in lacrime dopo il podio, perché senza squadra per il futuro.
«E io non volevo smettere». E invece arriva Savio - come sempre, più di sempre, alla faccia di chi continua a sostenere che queste squadre non servano più, che non hanno un ruolo: sì, come no… Savio parla con il c.t. Cassani e lo prende per tre anni: Vendrame ritrova la luce.
Ma Andrea è anche il corridore inseguito e picchiato lo scorso inverno, due giorni prima di Natale, vicino a Conegliano, da un automobilista mentre si allenava. E lui cosa fa? È velocissimo a fare quello che gli aveva consigliato di fare l’avvocato Federico Balconi, quello di “Zerosbatti”: tira fuori il cellulare dalla tasca e fotografa la targa. Andrea si riprende ciò che aveva dato. Si prende con la vittoria al Giro qualcosa che resta, come quei segni in faccia e quei pezzettini di vetro che hanno finito di uscire dalla sua pelle dopo anni.
«Per tre anni, quando facevo la doccia, mi usciva il sangue dal volto e non capivo il perché. Poi mi sono accorto che con il calore la pelle si rilassava, i pori si dilatavano e fuoriuscivano dei pezzettini di vetro. Alcuni li ho ancora, sono più grossi, ma non me la sento di affrontare un altro intervento “maxillo facciale”.
Mi sento come Joker, me lo confidò qualche mese fa, quando ci incontrammo per un servizio fotografico a Cà del Poggio, nel “buen retiro” di Andrea Stocco, ristoratore e albergatore innamorato del ciclismo, che ha saputo in questi anni promuovere il territorio proprio grazie allo sport della bicicletta e ad alcune sue intuizioni (è gemellato anche con il Muro di Grammont, ndr), lì dove “il prosecco incontra il mare”. Bene, Andrea in quella occasione mi raccontò la sua rabbia, il suo voler gridare al mondo basta!
«Joker è un simbolo della rivolta - mi disse questo ragazzo che da qualche anno vive ad Andorra, ha rinnovato con l’Ag2r fino al 2023 e sogna di vincere l’Amstel Gold Race -, che appare ai più pazzo e psicopatico. Ma chi è più pazzo: noi che andiamo in bici o chi in macchina fa di tutto fuorché guidare? Non si può rischiare la pelle ogni giorno per la noncuranza delle persone. Ci siamo anche noi! È necessario arrivare ad una riforma del Codice della Strada e ad una nuova educazione stradale nelle scuole guida».