di Paolo Broggi
Non è uno scienziato, ma come pochi altri conosce il valore del tempo. Lo ascolta, lo misura, lo vive e alla fine lo domina. Filippo Ganna è il signore del tempo. Sin da giovane ha imparato dominarlo in pista e poi, con nuovi maestri accanto ai maestri di sempre, il suo impero si è esteso fino ad arrivare al mondo.
Non era mai successo, in una storia iniziata nel 1994, che l’Italia riuscisse a festeggiare un suo campione del mondo nella cronometro (nella storia, due argenti con Chiurato nel 1994 e con Malori nel 2015 e un bronzo con lo stesso Ganna lo scorso anno in Gran Bretagna): ci è riuscita nel mondiale più strano di sempre grazie a questo gigante piemontese che a 24 anni entra probabilmente in una nuova dimensione.
A metà settembre Filippo aveva vinto la cronometro conclusiva della Tirreno-Adriatico: una freccia tricolore sul lungomare che ha letteralmente annichilito gli avversari.
Poi è salito sul Monte Rosa, in un rifugio con Matteo Sobrero, fidanzato della sorella Carlotta, e con il “vecchio” Enrico Gasparotto. Tanto lavoro ma con un diktat insuperabile: nel tempo libero si parla di tutto tranne che di ciclismo.
«È stato un ritiro difficile perché ha sempre piovuto e mi sono allenato con 4 gradi a 2000 metri di altitudine: solo se hai un obiettivo importante come il Mondiale, puoi uscire in bicicletta e allenarti in una situazione così estrema».
Una volta sceso in pianura, Filippo è arrivato ad Imola, ha raggiunto un agriturismo scelto dalla Ineos Grenadiers insieme ai compagni di squadra Geraint Thomas e Rohan Dennis, il detentore del titolo mondiale.
Anche con loro, tanto lavoro ma la sera a cena vietato parlare di biciclette. E per non rischiare, telefonino spento. Piccole eccezioni, la chiamata quotidiana alla fidanzata Carlotta, il saluto a mamma Daniela e papà Marco e il messaggino inviato giovedì sera, alla vigilia della gara, al ct Davide Cassani: «Questa vittoria la voglio».
La voleva e se l’è andata a prendere, Filippo, con l’aiuto di tutto il team della nazionale. In ammiraglia, dietro di lui, Marco Velo al volante ed il maestro di sempre, Marco Villa, l’uomo che da anni è al fianco di Ganna in nazionale, così come Marco Della Vedova è il punto di riferimento “locale” di Filippo.
«Non posso dirvi quello che mi urlavano dall’ammiraglia, rischierei davvero... Con loro avevo studiato bene il percorso, sapevo che la seconda parte della prova sarebbe stata molto veloce e quindi fare la differenza poteva essere più difficile, quindi ho dato il massimo nella prima metà e poi ho cercato di gestire lo sforzo, anche se quando pedali sul filo dei secondi non puoi mai rilassarti».
La saggezza del signore del tempo... che guarda già avanti, come è obbligatorio fare in questa stagione compressa che non concede il tempo di godersi neppure un trionfo.
«Solo la sera del mondiale sono uscito dalla bolla della Ineos per andare a Casa Italia a festeggiare con tutta la Nazionale. Poche ore, poi sono rientrato perché mi aspetta il Giro con un grande lavoro da fare per Geraint. Ma a dir la verità ho anche un altro pensiero...».
Lo possiamo intuire.
«La prima tappa della corsa rosa sarà anche la prima volta in cui indosserò in gara la maglia di campione del mondo. Ci sto pensando e immagino quel momento come qualcosa di unico e irripetibile e lotterò fino all’ultimo centimetro per vincere quella prova».
La scaramanzia ferma sulla punta della lingua le parole “maglia rosa” ma è chiaro il pensiero.
«Al Giro ci sono tre cronometro ma, se tutto andrà come deve andare, correrò per far bene la prima e la terza, mentre in quella del Prosecco probabilmente penserò a recuperare energie per continuare a lavorare per Thomas anche nell’ultima settimana».
Torniamo al mondiale: cosa le ha dato in più il fatto di corerre in Italia?
«È stata una bella emozione sicuramente: entrare nell’autodromo è stato incredibile, soprattutto se penso che tra pochi giorni su questo circuito ci saranno dei campioni della Formula1 a gareggiare. E lo vanno molto più veloci di noi».
Quanto è stato importante per la sua crescita approdare in una squadra come la Ineos Grenadiers, una delle più forti del mondo?
«È stato fondamentale, perché mi ha dato la possibilità di imparare da grandi corridori e poter contare su materiali di altissima qualità. Non mi hanno fatto mancare veramente nulla».
Una dedica per questo oro?
«Devo ancora godermi questi momenti e capire bene quello che è successo. Mi sento di dedicare questa medaglia prima di tutto alla mia famiglia e alla mia fidanzata Carlotta, perché sono stati importanti per me. Grazie a loro e a tutte le persone che mi sono state vicine sono riuscito ad ottenere questo risultato».
Per ora mamma Daniela è riuscita solo a regalarle a Imola un pacchetto di caramelle.
«Ne aveva comprati due, ma uno se lo sono divorate lei, mia sorella Carlotta e la mia fidanzata Carlotta anche lei nell’attesa del mio arrivo... Papà Marco invece me lo sono ritrovato nella zona del podio completamente afono per quanto aveva gridato per incitarmi. A fine stagione ci sarà tempo per festeggiare: a Vignone, a Verbania, nelle mie zone so che stanno già preparando qualcosa di grande».
Sarà una piccola parentesi perché quest’anno le vacanze per i ciclisti rischiano di essere molto brevi: la stagione arriva fino a novembre inoltrato, a dicembre si andrà tutti in ritiro e a gennaio si riprenderà a correre. Il prossimo anno, poi, per Filippo ci sono anche le Olimpiadi.
«Il mio obiettivo principale ai Giochi sarà il quartetto, ci stiamo lavorando da tanto tempo e vogliamo arrivare a medaglia».
Il signore del tempo vuole aggiungere un altro podio importante alla sua collezione: la nuova sfida è lanciata.