ARMSTRONG 1. Ho avuto modo di conoscere Jan Ullrich e di seguirlo nei suoi anni più belli. L’ho scritto su tuttobiciweb il giorno del suo arresto, in questo mese di agosto che è letteralmente evaporato sotto il solleone: il tedesco mi è sempre piaciuto un sacco, per la sua classe cristallina, ma anche per quella sensibilità che spesso si trasformava in fragilità e tormento.
La goccia che ha fatto tracimare il vaso del panzer, che da corridore si trasformava in panzerotto per i chili che accumulava nel periodo invernale, è stato l’arresto a Francoforte. La storia è nota: dopo aver passato la notte in un hotel di lusso con una prostituta, secondo le ricostruzioni, ha tentato di strangolarla.
Si è scritto molto in questo ultimo periodo dell’ex fuoriclasse teutonico, anche perché il povero Jan ha fatto tutto il possibile per aver gli occhi puntati addosso. Si è parlato anche di Lance Armstrong, che si è precipitato immediatamente al capezzale dell’amico campione per spendere due parole di solidarietà e vicinanza per il collega-rivale caduto in disgrazia, che nel lontano Tour del 2003 lo attese per ben due volte, senza attaccarlo, quando il texano finì per le terre nella tappa di Luz Ardiden.
Lance si è preso anche la briga di salire sul suo aereo per andare a trovarlo in Germania. Armstrong ha portato a Ullrich il proprio sostegno e la propria amicizia. Indubbiamente un bel gesto nei confronti dell’unico corridore tedesco a vincere un Tour (1997), che sta affondando tra alcool, droga e il tentato omicidio di una escort, la sfida più difficile della sua vita.
«Farò di tutto per aiutarlo - ha scritto il texano il giorno prima dell’incontro -, Jan è stato uno degli avversari migliori che abbia mai affrontato. Non merita che venga infangato. Una storia che abbiamo visto anche con Pantani», ha scritto.
Poteva risparmiarsi quella riga in più, quel riferimento a Marco. Poteva tranquillamente far finta di nulla, sorvolare, fermarsi prima: avrebbe fatto una figura migliore. Ma nella sua testa c’era proprio la voglia di stravincere, anche questa volta. Dimenticandosi che per Marco non spese mai una parola, o meglio, sul traguardo del Mont Ventoux al Tour del 2000 qualcosa di più e non di meglio la disse. Non parole di conforto e affetto per il Pirata che aveva vinto e stava faticosamente cercando in quei giorni di tornare ad essere un corridore, anzi: l’unica preoccupazione fu di far sapere urbi et orbi che l’aveva lasciato vincere. Con quella spocchia e quell’arroganza che l’hanno sempre accompagnato, come un John Wayne qualsiasi a cavallo della sua bicicletta. E che per questo ha sempre mandato su tutte le furie il povero Marco, che non ha mai sopportato il texano, tanto da chiamarlo Robocop. Anche perché Lance, ben sapendo che al Pirata giravano parecchio gli zebedei ogni qual volta si ironizzava sulle sue orecchie a sventola, lo apostrofava con un poco carino elefantino. Insomma, abbracci pure Jan Ullrich, ma ci risparmi l’occhio lucido per Marco. Grazie.
ARMSTRONG 2. Resto in argomento, anche perché vi confesso che è da un po’ che discorro del texano con un caro amico, uno dei più cari che ho nel mondo del ciclismo: Gianni Bugno. Di tanto in tanto, con regolarità quasi esattoriale, torna a galla e d’attualità l’argomento Armstrong. Gianni a chiedermi di scrivere qualcosa in favore del texano, che ha già pagato profumatamente per le sue colpe e che ha quindi tutto il diritto di tornare ad essere un cittadino del mondo, anche per quello del ciclismo. Io che, con tutto il rispetto per Bugno e la sua storia di corridore, proprio non ci riesco. Se non altro perché con gli arroganti io, da autentico toscanaccio, rispondo generalmente con la stessa moneta. Con lo stesso atteggiamento.
Armstrong non è stato uno dei tanti tantissimi corridori trovati positivi, perché positivo non è mai stato trovato, grazie a situazioni ormai note come protezioni politiche sportive, reti informative, delatori compiacenti, corruttele di vario tipo: Armstrong è stato incastrato dalla giustizia ordinaria americana, che ha raccolto dati, informazioni e testimonianze per sbugiardarlo, altrimenti oggi sarebbe, se non il presidente degli Stati Uniti d’America, almeno quello dell’Uci. Cosa che, di fatto, per qualche anno è stato.
Quindi di cosa parliamo: di una mammoletta? Di un povero cocco contro il quale si sono accaniti, quando invece lui ha sfruttato la sua magnifica storia - e lo dico senza malizia, ma con grande amarezza - di uomo e atleta che ha avuto la forza di risalire in bicicletta e vincere quello che ha vinto, per poi comportarsi come il peggiore dei boss, come ho già scritto in altre occasioni, da vero Padrino della peggior specie? Marco Pantani ha sempre avuto il sospetto che Armstrong fosse quello che poi si è rivelato. Non si è mai dato pace per i due pesi e le due misure che - ne era certo - venivano usati nei confronti del corridore americano. Ieri Armstrong aveva la bava alla bocca, oggi ha l’occhio lucido per Ullrich e Pantani. Venga piuttosto in Italia, per chiedere scusa a tutti, in primis a quel Filippo Simeoni che ha trattato come il peggiore degli ultimi. Lo abbracci, dica a chiare lettere: scusa, ho sbagliato. Allora, forse solo allora, potremmo anche tornare a parlarne. Forse.
Pier Augusto Stagi