Hai capito, l’inesperto cittì Ballerini? Un argento e un oro ai primi due tentativi sull’ammiraglia di Sant’Alfredo, protettore dei ciclisti perbene. E questo sarebbe il periodo di rodaggio. Pensa dopo, quando sarà scafato e navigato: cosa fa, li schiaffa tutti e dodici sul podio?
Forza, in piedi per il bravo cittì. È con intenso piacere che il presente angolo di tuttoBICI (in fondo al corridoio, subito dopo la toilette) riserva finalmente il suo spazio ad una celebrazione. Aria nuova, una ventata di ossigeno. Ma i “misfatti”? C’è una contraddizione di termini, o un drastico cambiamento di rotta, scegliendo per una volta di parlar bene del prossimo? Tranquilli, nessuno qui si è convertito al buonismo conformista e ruffiano tanto caro al Paese. Anche nel doveroso omaggio a un direttore tecnico che fa bene il suo mestiere, un misfatto c’è. Non suo. Di qualcun altro. Di molti altri. Vogliamo metterli brevemente in fila?
Comincerei con quelli che «Ballerini è troppo giovane, si farà mettere i piedi in testa da corridori in fondo suoi colleghi». E via coi nomi dell’esperienza che invece avrebbero garantito il pugno di ferro: tra gli altri, mi viene in mente Poggiali, non so perché. Guarda caso, a Ballerini l’hanno fatta una volta sola, a Lisbona: poi, come i bravi alpini alla prima fetta, ha capito subito che era polenta. Scottatissimo e scocciatissimo per la figura da rimba che i suoi alfieri gli avevano fatto fare all’esordio, con tutta quella serie di “non ho capito”, “non ho visto”, “non ho sentito”, nel giro di dodici mesi si è subito premurato. Patti chiari, amicizia lunga. E così, un anno dopo, basta figure da rimba: chi ci sta corre, chi fa orecchio da mercante sta a casa. Guarda caso, è arrivato l’oro. Adesso si potrà pure dire che è una coincidenza o una fortuna, ma certe imprese non arrivano mai per coincidenza o per fortuna: si confezionano prima, con cura e con calma, soprattutto con carattere. E per favore non si venga a dire che con Cipollini avrebbe vinto chiunque: se c’è una cosa difficile, nella vita, è affrontare un ostacolo con l’obbligo del successo scontato. Poche chiacchiere, Ballerini ha tenuto la bomba in mano e l’ha maneggiata con cura, facendola esplodere al momento giusto. Il risultato è soltanto l’ultimo flash di un lungo film. Fare centro non è questione di anagrafe: è questione di testa. Ballerini sarà pure giovane, ma è uomo di ragionamenti adulti. Questo conta. Nient’altro. Bastasse l’età, perché mai avremmo rinunciato a Martini?
E adesso un secondo misfatto. È di quelli che «la nazionale non mi piace, come si fa a lasciare fuori e Tizio, e Caio e Sempronio?». Caposcuola, Davide Cassani. Per tutta la Vuelta, che notoriamente come durata non è la Tre giorni di La Panne, il commentatore di Stato ha sparato nomi di gente tremendamente in forma, da convocare tassativamente. Io non so se Davide abbia fatto l’esame di aritmetica, in quinta elementare, ma in ogni caso qualcuno potrebbe aiutarlo: mettendo assieme i suoi papabili, avremmo mandato a Zolder una squadra di 46 elementi. Strano, questo atteggiamento: di solito l’assume il tifosone da bar, quello che al Trap intima di non lasciare fuori Baggio, Del Piero, Totti, Inzaghi, Vieri, Montella, Di Vaio, Doni e magari pure Marazzina. Che tocchi a Cassani risulta meno comprensibile. Anche perché, sia detto senza giri di parole, stupisce questo suo improvviso sfoggio di decisionismo e di virilità: lui, che in tanti anni di telecronache non si è mai sbilanciato su nulla, lui che ci dipinge sempre anche l’ultimo pisquano del gruppo come un mezzo Merckx, lui che al solo accenno di approfondimento su questioni serie come il doping svicola nel facilonismo dello “speriamo che tutto si risolva in fretta”, questo ormai leggendario acrobata dell’opinionismo televisivo improvvisamente scopre il gusto della polemica. Non so, non mi convince. Se devo lasciarmi andare al cattivismo, mi viene un sospetto: che Cassani, in fondo, non abbia mai rimosso l’idea di diventare cittì azzurro, come peraltro una volta era sembrato, e come il suo impegno in Rai ha ovviamente impedito. Se così è, la sua campagna contro Ballerini frana all’origine, perché non è serena. Se invece sono soltanto io che penso male, chiedo scusa e però rivolgo subito un appello: l’impeto polemico appena scoperto non si dissolva nel giro di una gara. Aspettiamo controprove: per esempio, un rilievo maschio e deciso a un potente. O a un amico.
La migliore dimostrazione di quel che intendo l’ha fornita proprio Ballerini. Sì, lui, col suo garbo e la sua gentilezza. Senza mai violentare queste doti, il giovane cittì ha percorso la strada più impervia, però più giusta: scegliere. Ballerini ha scelto di fare il cittì , lasciando perdere tutto il resto. Quindi, dopo la bruciatura di Lisbona, Ballerini ha scelto di scegliere: prima un'idea (una nazionale compatta attorno a un campione vero), poi un uomo (Cipollini). A seguire, tutto il resto: per difendere le sue scelte, ha praticato fermo e irremovibile la nobile arte del no. Ha detto no a questo e a quello, sapendo di escludere corridori meritevoli, persino suoi amici, tuttavia poco compatibili con l’Idea. E alla fine ha pure vinto. E comunque non è questo che conta: chi sceglie in buona fede, chi affronta i rischi delle sue decisioni, è sempre sulla strada della verità. Certo, è una strada scomoda e anche spesso antipatica, perchè inevitabilmente crea malumori e inimicizie. Però c'è poco da fare: nella vita non si può piacere a tutti. Chi vuole piacere a tutti, solitamente finisce per non piacere a nessuno. Ballerini l'ha capito benissimo. Cassani forse no.
Cristiano Gatti, bergamasco, inviato de “Il Giornale”
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