THURAU, una famiglia nel segno di Colnago

PROFESSIONISTI | 26/03/2014 | 09:08
Thurau in fuga. Tutto vero, non è stato un deja vu quello che abbiamo visto nella terza tappa della Tirreno-Adriatico 2014. Partenza da Cascina arrivo ad Arezzo, totale 204 chilometri. Con la maglia della Europcar era Bjorn Thurau. Cognome che mette sull’attenti gli appassionati di ciclismo con i capelli grigi. Bjorn è figlio di Dietrich, detto “Didi”, campione degli anni ’70-‘80. Vincitore di una Liegi nel 1979 e di tante altre corse tra cui sei tappe del Tour de France, e un argento alle spalle del nostro Moser campione del mondo a San Cristobal, nel 1977. E di una tappa del Giro di trentasei anni fa, una cronometro da Larciano a Pistoia, in cui batté il rivale trentino per soli sette secondi.

Quasi le stesse strade sulle quali Bjorn si è messo in mostra. Stesso fisico, entrambi alti e magri. Lui passista capace di dare il meglio nelle corse in linea, papà un “diesel” col turbo, ultraresistente con il colpo del ko, coltivato anche sugli anelli in legno delle sei giorni.

Bjorn adesso ha 25 anni (è classe 1988) e il ciclismo nel frattempo è molto cambiato.
Non ha ancora vinto, il suo sogno è mettere nel sacco una grande Classica. (Nella foto è con il compagno di squadra Yukiya Arashiro nell'ufficio di Ernesto Colnago).
Con papà Dietrich condivide la bici Colnago. Lui C59 in fibra di carbonio, quella di papà una Victory in acciaio, rossa con fascione bianco della Del Tongo. Stagione 1983, in squadra con lui un certo Giuseppe Saronni che in quella stagione brucia tutti sul traguardo di Sanremo e si porta a casa il Giro (Thurau è quinto). Bjorn è cresciuto col mito di Colnago, ha iniziato a tirare i primi colpi ai pedali proprio in sella a un Master, già si intravedeva il talento. È stato proprio Ernesto Colnago a volerlo alla Europcar.

A che età hai iniziato a pedalare?
«Ero molto giovane, credo intorno ai dieci anni. Mi è piaciuto subito, adoro la competizione. Ovviamente, grazie al fatto che papà è stato un ciclista professionista, è stato molto più semplice per me iniziare col ciclismo piuttosto che praticare altri sport. Ma è stata una decisione naturale, papà non mi ha mai forzato. Il ciclismo mi piace».  

Cosa ti ricorda questa foto?

«Avevo circa dodici anni, credo si trattasse di un criterium, in Germania ci sono molte gare per ragazzini. Pochi chilometri a tutta velocità. Quella gara l’ho vinta, quasi con un giro di vantaggio sul gruppo».    

A quale età hai capito che potevi diventare ciclista professionista?
«A quindici-sedici anni avevo già le idee abbastanza chiare. Sentivo che il ciclismo sarebbe stato il mio futuro».
 
Quali consigli ti ha dato tuo papà?
«Mio padre mi ha aiutato molto nella prima parte della carriera. Mi ha insegnato come allenarmi, come mangiare, insomma come fare la vita del ciclista professionista. All’inizio si possono commettere molti errori, i suoi consigli sono stati utili a non bruciare le tappe e a maturare gradualmente. Mi ha dato ottimi consigli anche per trovare la giusta posizione in sella alla bicicletta».
 
Difficile fare paragoni col ciclismo di trenta anni fa. In che modo è cambiato il ciclismo rispetto a quando correva tuo padre?
«Il livello delle prestazioni è rimasto più o meno tale, ma oggi c’è molta più concorrenza. I ciclisti sanno allenarsi meglio, le squadre sono più organizzate, credo sia più difficile emergere».

Che tipo di corridore sei?
«Mi piacciono i percorsi mossi, vallonati, collinari, sui quali posso far valere le mie doti di passista e discreto scalatore. Quando sono in forma me la cavo molto bene anche sulle salite lunghe. La mia specialità è di entrare nelle fughe ed eventualmente provare ad arrivare da solo. Certo, è molto difficile, ma non sono molto veloce ed è meglio che eviti gli arrivi in volata».      
 
Quale corsa ti piacerebbe vincere?
«Sulla base delle mie caratteristiche fisico-atletiche direi una grande classica di un giorno. Mi piace molto la Parigi-Roubaix. È una corsa molto difficile e stressante, la ami oppure la odi, non esiste via di mezzo. L’anno scorso l’ho fatta per la prima volta (si è piazzato 48mo, ndr) e me ne sono innamorato. Penso sia molto adatta alle mie qualità».     
 
Cosa ti piace delle bici Colnago?
«Ritengo che Ernesto Colnago sia un vero e proprio artista della bici. Io sono molto alto (193 cm, ndr) e non è per niente semplice mettermi in sella. Ha sempre soddisfatto ogni mia piccola richiesta e ogni volta ha saputo realizzare telai perfettamente adatti alle quote fisiche. Delle sue mie bici ho sempre apprezzato la capacità di unire il comfort alle superbe qualità competitive».     


La bici di Bjorn Thurau

La bici che utilizza il team francese Europcar è Colnago C59, ma dal Giro la squadra utilizzerà il C60. Telaio in fibra di carbonio con congiunzioni, è la bici che celebra i sessant’anni dell’azienda. Dal punto di vista tecnico si caratterizza per tubi e congiunzioni sovradimensionate rispetto al precedente C59, entrambi con disegno “star”, lo stesso del Master, telaio in acciaio che ha fatto la storia di Colnago, ancora in produzione. In sintesi le caratteristiche: sterzo di 1 1/8” e 1 1/4”, serie sterzo Chs-1 headset, passaggio cavi interno, compatibilità con i gruppi elettronici Campagnolo Eps e Shimano Di2, movimento centrale ThreadFit 82.5, reggisella di 31,6 mm, forcellini del carro in alluminio Cnc. Grazie all’unicità costruttiva del C60 e data l’altezza corridore, a Bjorn Thurau viene realizzato un telaio su misura. C60 è progettato e realizzato interamente in Italia.   

Alessandro Turci
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