Non ho mai sopportato questa idea della ruota che gira, nonostante ami da sempre ruote e pedivelle, telai e selle. Caro Gianni, che brutto momento mi tocca vivere all’annuncio della tua morte. Che dolore e tristezza provo nel mio profondo del cuore per un amico che ha condiviso con me la passione per la bicicletta e per il ciclismo. Tu che in bici non sei mai andato preferendo il pallone, sei diventato uno dei più belli e fulgidi manager di questo sport; io che ho sognato per una primavera troppo breve di diventare un campione, mi sono consolato e appagato grazie a te, che mi hai tenuto nel ciclismo quando ero pronto ad uscirne perché deluso e amareggiato da certe persone che non avevano avuto una parola sola.
La mia vita è stata quella di un giocattolaio, un eterno ragazzino un po’ musone brontolone e mai soddisfatto che ha inseguito i sogni dei bambini, dando forma a giocattoli che li potessero rendere anche per un attimo felici. Tu caro Gianni, con il tuo garbo, la tua pazienza, la tua infinita sensibilità mi hai donato il giocattolo più prezioso, quello che ho sempre desiderato, quella squadra che portava il mio nome e che tu hai rispettato fino all’ultimo. Mi spiace solo non averti salutato come si deve, ma forse è meglio così. I sogni belli devono rimanere tali, come una pista per le biglie dei ciclisti costruita su una spiaggia calda e luminosa.
Con infinita malinconia e nostalgia il tuo Mario
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