Era il più antico vincitore di tappe al Tour de France. Aveva 104 anni e mezzo. E’ morto ieri.
Emile Idée nasce in un giorno da Tour de France. Quel 19 luglio 1920 si corre la dodicesima delle quindici tappe, la Gex-Strasburgo di 354 chilometri. Una delle più brevi. Il primato per la distanza spetta alla quinta, la Les Sables d’Olonne-Bayonne, 482 chilometri, ma c’è anche la quattordicesima, la Metz-Dunkerque, di 433. A trionfare – tappa e maglia – il belga Philippe Thys, un campione su strada, in pista, nel cross, dovunque ci sia da pedalare. Quell’anno Thys coquista il suo terzo Tour, la prima tripletta della storia, relegando il secondo a quasi un’ora.
Idée diventa professionista nel periodo più duro: pochi giorni prima della Seconda guerra mondiale. Nell’aprile 1940 vince il Criterium National de la Route, nell’ottobre 1940 è quinto al Gran Prix de l’Auto. Nel 1941 partecipa, ma non conclude, la A travers Paris. Poi viene arrestato durante un’altra corsa, l’accusa è aver superato la linea di demarcazione, perché la Francia è spaccata in due, invasa dai nazisti. Otto giorni di prigionia a Fresnes, tre settimane a Santé, si salva grazie allo sport, al ciclismo, alla sua reputazione di atleta. Per recuperare popolarità, per restituire una parvenza di normalità, il Governo di Vichy, filonazista, vuole ripristinare il Tour de France. Jacques Goddet, il patron, si rifiuta.
L’incarico è affidato a Jean Leuilliot, un giornalista. Ci riesce: sei tappe, ma due sono divise in due semitappe, totale otto, 1515 chilometri, la partenza da Parigi il 28 settembre, l’arrivo a Parigi il 4 ottobre, traguardi a Les Mans, Poitiers, Limoges, Clermont-Ferrand, Saint-Etienne, Lione e Digione. Dodici squadre, settantun corridori, anche qualche italiano residente in Francia o in Belgio. Niente alberghi, ma seminari e convitti scolastici. Niente ristoranti e rifornimenti, ma tessere annonarie. Niente percorsi protetti e niente staffette davanti e dietro la corsa, ma soste, fino a tre ore, nell’attraversamento dei posti di blocco, tanto da costringere il gruppo a pedalare anche al buio. Idée viene invitato, è il campione di Francia su strada, si è imposto a Lione solo due settimane prima, ma si nega. Allora viene ricattato: o la corsa o il lager. Così partecipa. Ed eccelle. Secondo nella prima semitappa della terza tappa, a Limoges, si impadronisce della maglia bianconera zebrata del primo nella classifica generale. A Parigi, la vittoria finale al belga François Neuville, Idée sarà nono dei ventinove sopravvissuti.
Cessata la guerra, si ricomincia a vivere. E a correre. Idée gareggia ancora per la Alcyon-Dunlop, nel 1947 indossa le maglie della Perle-Hutchinson e della Olmo-Fulgor, dal 1948 al 1952 è alla Peugeot-Dunlop. Non è un campione, ma quasi. Vince altre due volte (1947 e 1949) il Criterium International, un’altra volta (1947) il campionato francese, è secondo alla Parigi-Tours del 1947 (ma lui denuncia il furto della vittoria) e secondo alla Parigi-Roubaix del 1948, si aggiudica una tappa della Parigi-Nizza nel 1951 e soprattutto una tappa del Tour de France nel 1949, la prima doppietta Giro-Tour di Fausto Coppi. E’ la tredicesima, la Tolosa-Nimes, 289 chilometri in quasi otto ore e mezza, fuga a cinque, volata, il quarto è il nostro Giuseppe Ausenda (si corre a squadre nazionali, lui corre in quella dei Cadetti), il gruppo con i più forti giunge a più di quattro minuti, e quel giorno in maglia gialla risplende Fiorenzo Magni, il capitano di Ausenda. Idée si gode anche il diritto di vantare due secondi posti, al Gran premio delle Nazioni, nel 1946 e 1947, dietro a Coppi.
Era un vecchietto arzillo e lucido, Idée. In bicicletta fino a 98 anni. Sulle due ruote, la terra gli è stata leggera.
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