C’è chi dicembre lo dedica ai ritiri in Spagna e chi, invece, zitto zitto, ha già ripreso a gareggiare. Mattia Predomo ha cominciato il suo 2025 la scorsa settimana, con un weekend di sprint e progressioni al Track Cycling Challenge presso il Tissot Velodrome di Grenchen. Il bolzanino, che difende i colori del Centro Sportivo Esercito e della Campana Imballaggi Geo&Tex Trentino (“ai quali va sempre il mio enorme ringraziamento”) durante la settimana vive a Montichiari, a pochi passi dal velodromo, e nei weekend torna a casa a Bronzolo, dove passerà anche le vacanze natalizie. Il 2024 ha rappresentato il suo secondo anno tra i grandi: ha fatto gavetta, ha sgomitato, ha imparato ed è comunque riuscito a portare a casa due allori, il titolo europeo U23 nel Keirin e nel Team Sprint.
Mattia, la gara in Svizzera la consideri l’ultima gara del 2024 o la prima del 2025?
«Sì colloca a metà. Da calendario fa ancora parte della stagione scorsa, ma di fatto è la prima uscita della nuova stagione. Dopo i Mondiali sono stato in vacanza in Egitto e da un mesetto ho ripreso con la preparazione. La gara svizzera è un appuntamento abbastanza classico ormai, è sempre un buon punto di partenza per capire a che punto si è».
E a che punto sei?
«C’è da lavorare, ma lo sapevamo. Nell’ultimo mese gli allenamenti sono sempre stati in palestra oppure abbiamo fatto carichi sulla forza in pista, quindi è chiaro che le condizioni non sono ottimali per gareggiare. Stiamo comunque rispettando la tabella, i primi appuntamenti importanti saranno a febbraio».
Ti sei divertito a guardare l’UCI Track Champions League?
«Sogno di essere invitato prima o poi. Secondo me è una figata assurda, perché ci sono i migliori al mondo che si sfidano in giro per l’Europa in un contesto davvero affascinante. Sono andato a vedere Miriam Vece a Parigi qualche settimana fa e mi sono davvero divertito, c’è un’atmosfera magica che un atleta riesce anche a godersi, a differenza di quanto accade magari in un Mondiale. Credo che sia una competizione che faccia davvero bene al nostro movimento».
Che anno è stato il tuo?
«Di alti e bassi. Le mie soddisfazioni son riuscito a togliermele, ma in cuor mio speravo di fare qualcosina di più. I titoli europei U23 nel Keirin e nel Team Sprint sono stati sicuramente il punto più alto della stagione, ma possiamo ritenerci soddisfatti anche per il 4° posto nel Team Sprint nella prova di Coppa del Mondo a Milton, in Canada, dal momento che abbiamo dato all’Italia una Top 4 che da un po’ non si vedeva, e anche del Mondiale in Danimarca vado fiero, perché in mezzo ai fuoriclasse della Velocità sono arrivato agli ottavi, venendo eliminato dal giapponese Kaiya Ota, poi medaglia di bronzo. Mi aspettavo invece di più dall’Europeo elite, lì non è andata come speravo. È stata comunque una stagione lunghissima, cominciata a gennaio e finita ad ottobre, non è stato banale mantenere un tale livello di forma per così tanti mesi».
Sei comunque un classe 2004, non dimentichiamolo. Quante sei cresciuto rispetto al 2023?
«Moltissimo. Soprattutto in termini di consapevolezza e di approccio alle gare, sia dal punto di vista tecnico che mentale. Sto capendo cosa mi piace e cosa invece soffro di più. Mi ha aiutato parecchio il mental coach, penso che per uno sportivo di alto livello possa davvero fare la differenza».
Rispetto alla strada dei tempi moderni, la vostra è una disciplina in cui bisogna strutturarsi col tempo. Quanta pazienza ci vuole?
«Più che pazienza direi costanza. Bisogna guardare al proprio orticello. Un anno fai 10.0”, l’anno dopo fai 9.9”, quello dopo 9.8”… magari in gara la posizione finale non cambia ma intanto continui a mettere dei mattoncini. Tra l’essere un corridore decente e un campione ci passano anni e anni di lavoro. Ma se in due anni hai abbassato il tuo tempo sul giro di mezzo secondo, beh hai di che essere orgoglioso. Guardare il piazzamento in gara, secondo me, non serve, anche perché il rischio di rimanere delusi a questi livelli è molto alto. Puoi uscire in qualificazione o al primo turno, ma devi continuare a guardare quello che stai facendo tu. Nel Keirin, per esempio, conta tanto l’astuzia e l’esperienza, e anche un pistard meno potente con la giusta tattica può sperare di fare un grande risultato, mentre al contrario uno più forte può venire beffato».
Al momento preferisci la Velocità al Keirin?
«Sì, per il semplice fatto che nel Keirin sono ancora un po’ “imbranatello”. Mi sto testando, anche in Svizzera la settimana scorsa, sto cercando di capire cosa va fatto e cosa no. Faccio qualche cavolata, ma meglio farle ora piuttosto che negli appuntamenti importanti, quando la gamba sarà al top. Nella Velocità, invece, uno dei miei punti deboli era il giro di qualificazione, ma nelle ultime uscite abbiamo visto che ci sono stati dei passi in avanti e continuiamo a lavorare sodo su questo. Diventare fortissimi da giovani nella nostra disciplina non è impossibile, Harrie Lavreysen a 22 anni era già il più forte di tutti, però il percorso è lungo rispetto a quanto si vede su strada».
È stata dura digerire la mancata qualificazione olimpica?
«Sapevamo che sarebbe stato quasi impossibile, ma ci abbiamo creduto fino alla fine, non abbiamo mai mollato e questo deve renderci orgogliosi. Non ci siamo riusciti ma, secondo me, questo ci darà una grande carica per arrivare a correre quelle di Los Angeles. Siamo cresciuti molto, ma in termini di ranking siamo rimasti lì perché quando ti avvicini alle Olimpiadi, tutti cominciano ad andare fortissimo».
In vista del 2028, molto passa dalla crescita del gruppo Italia. Che prospettive vedi?
«Secondo me siamo un bel gruppo, giovane. Sappiamo di dover continuare ad investire energie sul Team Sprint se vogliamo avere una chance di andare alle prossime Olimpiadi (il ranking utile alla qualificazione è quello del Team Sprint, ndr), c’è da lavorare e da avere pazienza. Qualche nuovo ragazzo che si sta approcciando alle discipline veloci c’è, speriamo di poterli inserire nel nostro gruppo di lavoro, consapevoli che il salto di categoria junior-elite è enorme, ancor più che su strada».
Cosa ti aspetti dal tuo 2025?
«Sicuramente una crescita sia personale che di squadra. Il primo grande appuntamento è l’Europeo di Zolder (12-16 febbraio, ndr), dove non sarebbe male riuscire a migliorare il record italiano del Team Sprint. Dopodiché ci saranno le gare di Coppa del Mondo, che mi aspetto siano un po’ più “tranquille” nei prossimi due anni, visto che non sono stagioni olimpiche».
Da buon bolzanino un’uscita sugli sci te la concedi in queste vacanze natalizie?
«Impossibile. Mi piacerebbe molto, ma ormai è un bel po’ che non lo faccio più, per motivi di tempo e di rischi. Con gli anni sciare è diventato sempre più pericoloso».
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